La battaglia per far riconoscere sfalci e potature come sottoprodotti sta dando risultati e anche la giurisprudenza si sta arricchendo di spunti e riferimenti normativi a cui appellarsi. Ne abbiamo parlato con Rosa Bertuzzi, avvocata specializzata in diritto ambientale, che negli ultimi anni ha seguito proprio il caso dei sottoprodotti da sfalci e potature, per salvarli dal regime dei rifiuti.
1. Quali sono le specificità di un’avvocatessa specializzata in diritto ambientale?
L’avvocatessa specializzata in diritto ambientale è una professionista che ha una formazione giuridica specifica in materia ambientale, che include la conoscenza della normativa nazionale e internazionale in materia ambientale, nonché delle problematiche giuridiche e scientifiche legate alla tutela dell’ambiente.
L’avvocatessa in diritto ambientale cura anche il modello di organizzazione del D.l.vo 231/01, che è un sistema di regole e procedure che le aziende adottano per avere una perfetta gestione aziendale, in particolare quella ambientale.
Il modello 231 è molto utile per le aziende che operano nel settore ambientale, in quanto può aiutarle a ridurre il rischio di incorrere in reati ambientali, come l’inquinamento, lo smaltimento illecito di rifiuti e l’utilizzo di sostanze pericolose.
L’avvocatessa in diritto ambientale può fornire consulenza e assistenza alle aziende per la redazione e l’implementazione del modello 231. In particolare, può valutare i rischi di reato specifici del settore ambientale, progettare il modello 231 in modo da essere efficace nel prevenire e contrastare la commissione di reati, assistere l’azienda nell’implementazione del modello 231, formare i dipendenti dell’azienda sulle procedure del modello 231.
Oggi si affronta anche il discorso della Circular Economy, della sostenibilità ambientale, al fine di ridurre al massimo la produzione di rifiuto e di recuperare gli scarti di lavorazione, trattandoli some sottoprodotti, ovverosia trattandoli in altro ciclo di lavorazione, come materia prima.
2. Da tempo è impegnata nel dimostrare che il legno vergine risultante da sfalci e potature è materiale forestale escluso dal regime di trattamento rifiuti. Può spiegarci brevemente a che punto siamo in Italia?
In proposito è possibile consultare il mio articolo pubblicato sul sito AMBIENTEROSA.NET che tratta l’argomento.
In particolare le società che si occupano, tra l’altro, di valorizzazione di legno vergine, potature, gestione del verde, servizi forestali e vendita legno cippato e biomasse per uso energetico, possono trattare tale materiale come bene, e non come rifiuto, ai sensi dell’art. 185, comma 1, lett. f) del D.L.vo 152/2006.
A tal riguardo, lo studio di consulenza Ambienterosa srl in data 01/05/2023 poneva un primo quesito all’Unione Europea (in merito alla materia in oggetto) e un secondo quesito al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, ciò alla luce della sentenza n.4221 del 01.02.2023, Cass. pen. Sez. III, ove è stato chiarito quali siano gli ambiti in cui gli sfalci, le potature, non costituiscono rifiuto.
In risposta al secondo quesito, con nota del 3.08.2023, il MASE, nel confermare il contenuto della sentenza, e uniformandosi all’indirizzo fornito dall’Unione Europea, ha ribadito “Con riferimento alla richiesta avanzata da codesta società, relativamente all’ambito di applicazione della norma citata in oggetto si rappresenta che la Sentenza di Cassazione n. 4221 del 01/02/2023, citata nella suddetta nota, ha fornito l’interpretazione della norma in argomento, coerentemente con i principi generali ispirati alla protezione dell’ambiente e alla tutela della salute umana”.
Con ciò di fatto, il MASE, nel confermare il contenuto della sentenza n.4221 ha ribadito che la Corte, nel proprio giudicato, si è uniformata ai principi generali ispirati alla protezione dell’ambiente e alla tutela della salute umana chiudendo il cerchio delle incertezze interpretative sul tema di cui all’oggetto.
Pertanto, a oggi, conformemente all’art. 185, comma 1, lettera f), non costituiscono rifiuti “la paglia e altro materiale agricolo forestale naturale non pericoloso, quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, gli sfalci e le potature effettuati nell’ambito delle buone pratiche culturali riutilizzati in agricoltura, in silvicoltura o per la produzione di energia da biomassa, anche al di fuori del luogo di produzione o a mezzo di cessione a terzi, sempre che siano seguite delle procedure che non danneggiano l’ambiente o non mettano in pericolo la salute umana”.
Se le condizioni di cui sopra non ricorrono, il materiale deve essere classificato come rifiuto.
La sentenza della Corte di Cassazione n.4221/2023, che ribadisce il principio secondo cui gli sfalci e le potature non costituiscono rifiuto solo se riutilizzati in agricoltura, silvicoltura o per produzione energetica, è solo l’ultima di una serie di tre pronunce analoghe emesse dal 2020 a oggi.
In tutti gli altri casi, gli sfalci e le potature sono da considerarsi rifiuti e il loro trasporto è soggetto alla disciplina di questi ultimi.
Inoltre, il proponente del trattamento dei rifiuti deve sempre dimostrare, in modo sostanziale e certo, la sussistenza dei presupposti per l’applicazione del regime derogatorio di favore previsto dall’art. 185, comma 1, lett. f), del D.Lgs. n. 152/2006.
3. A livello europeo è in atto una forte spinta verso l’economia circolare, ovvero il riuso, il riciclo dei materiali per impiego in altri processi produttivi. Quali sono, a suo avviso, i principali elementi ostativi che sinora non hanno permesso di favorire l’impiego dei residui legnosi derivanti dalla gestione delle foreste urbane e/o dal materiale proveniente dagli effetti di eventi metereologici straordinari?
Uno dei principali ostacoli all’applicazione dei principi dell’economia circolare è rappresentato da una lettura della normativa che, troppo spesso, a livello europeo e nazionale, è più formale che sostanziale.
Ad esempio, la disciplina del sottoprodotto, che rappresenta uno strumento potentissimo per la prevenzione della formazione dei rifiuti, è spesso oggetto di interpretazioni difformi che ne ostacolano la corretta applicazione.
Infatti, il sottoprodotto è un residuo di produzione che, pur non essendo l’obiettivo primario del ciclo produttivo, può essere riutilizzato nello stesso o in un successivo processo dal produttore medesimo o da parte di terzi.
Tale disciplina è volta a favorire la reintegrazione nel ciclo produttivo di materiali e risorse, contribuendo così a ridurre il consumo di materie prime e la produzione di rifiuti.
Tuttavia, la corretta individuazione dei requisiti per la qualificazione di un residuo come sottoprodotto è spesso fonte di incertezze e controversie. Ciò è dovuto, da un lato, alla complessità della disciplina e dall’altro lato dalle difformità interpretative che rendono difficile per gli operatori economici individuare con certezza la corretta qualificazione del residuo.
Tali difficoltà ostacolano la piena applicazione della disciplina del sottoprodotto, che rappresenta uno strumento fondamentale per la realizzazione dell’economia circolare.
In merito a tale questione, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in una recente sentenza relativa al rapporto tra sottoprodotti ed end of waste, ha ribadito il principio secondo cui la tutela ambientale deve essere prioritariamente di natura sostanziale e non formale.
Un esempio lampante delle difficoltà interpretative in materia di sottoprodotti, per quanto concerne i materiali oggetto di esame, è rappresentato dal superamento della prima condizione dell’articolo 184-bis del D.Lgs. n. 152/2006, secondo cui il residuo deve provenire da un processo produttivo.
Negli anni, il Ministero dell’Ambiente ha espresso più volte il proprio parere favorevole all’applicazione del concetto di sottoprodotto agli sfalci e alle potature, ritenendo soddisfatto il requisito del processo che lo produce, in quanto inteso anche per i processi che producono servizi. In particolare, il Ministero ha affermato che il sottoprodotto può derivare da qualsiasi processo tale da “produrre” dei risultati, ossia trasformare i fattori produttivi in risultati e, pertanto, anche da attività che producono servizi.
Tale orientamento è stato espresso in numerose note e circolari ministeriali, tra cui la nota risposta Fiper min. amb. Prt. 6038 del 27/05/2015, la circolare M.A. 7619 del 30/05/2017, punto 6.2, la circolare 3983 del 15/03/2018 e la circolare 1657 del 14/05/2021.
Tuttavia, alcuni organi di controllo o giuristi hanno ritenuto che la lettura del concetto di produzione andasse letta in senso rigido e non applicabile quindi alle attività di servizio.
In risposta a un nuovo interpello richiesto da Confindustria, il MASE ha nuovamente ribadito quanto già espresso più volte, confermando che il sottoprodotto può derivare da qualsiasi processo tale da “produrre” dei risultati, quindi anche da attività che producono servizi.
Tale interpello, numero 187275 del 17/11/2023, rappresenta un importante chiarimento in materia e contribuisce a definire in modo univoco il campo di applicazione della disciplina dei sottoprodotti in particolare quelli prodotti all’esito di attività di manutenzione del verde.
È necessario che la normativa in materia di sottoprodotti sia interpretata in modo uniforme e coerente con i principi dell’economia circolare, al fine di favorire la reintegrazione nel ciclo produttivo dei materiali e delle risorse e di ridurre l’impatto ambientale.
In particolare, è opportuno che le autorità competenti forniscano un’interpretazione chiara e univoca della disciplina, al fine di evitare incertezze e controversie.
Infine è necessario promuovere la formazione e l’informazione degli operatori economici, al fine di consentire loro di comprendere correttamente i requisiti per la qualificazione di un residuo come sottoprodotto.
4. Anche a livello EU assistiamo a volte a decisioni schizofreniche; negli ultimi giorni alla ribalta le proposte di modifica del regolamento sugli imballaggi. Le scatole in legno del famoso camembert e delle ostriche potrebbero essere bandite in quanto packaging non riciclabile. Un possibile scenario vede la sostituzione dell’imballaggio in legno con quello in plastica riciclata. Non è assurdo, anche da un punto di vista ambientale?
Le decisioni dell’Unione europea non sempre soddisfano i principi di buon senso e di sostenibilità ambientale. Ciò è dovuto, in particolare, al fatto che tali decisioni sono spesso influenzate da interessi di parte, rappresentati da lobby che operano a livello europeo.
In tale contesto, è di fondamentale importanza che le istanze delle imprese del settore della manutenzione del verde siano adeguatamente rappresentate nei processi decisionali europei mediante la presentazione di osservazioni e la promozione di azioni legali.
Il tema delle biomasse è emblematico della difficoltà di conciliare gli interessi economici con quelli ambientali. In particolare, l’utilizzo delle biomasse per la produzione di energia mediante combustione è spesso considerato politicamente scorretto, in quanto si ritiene che possa contribuire alla deforestazione.
La realtà dei fatti è ben diversa. L’utilizzo delle biomasse può contribuire alla sostenibilità ambientale a condizione però che le biomasse siano prodotte da scarti di lavorazione o da foreste gestite in modo sostenibile. Tra l’altro occorre evidenziare che le biomasse contribuiscono a produrre oltre il 40% del totale delle energie rinnovabili prodotte in Italia.
In questo ambito è di fondamentale importanza che le imprese che operano nel settore delle biomasse siano adeguatamente rappresentate nei processi decisionali europei. Ciò consentirà di promuovere delle azioni che siano coerenti con gli interessi ambientali e con le esigenze di sviluppo economico.
5. Non è comune incontrare una donna avvocatessa ambientale. che consiglio si sentirebbe di dare a giovani studentesse interessate a specializzarsi sul diritto ambientale?
Oggi il diritto ambientale è molto sentito; consiglio ai giovani studenti, di ogni facoltà e scelta di studio, di affrontare sempre e comunque il problema che oggi è dirompente: l’ambiente e la sua sostenibilità e i principi europei rappresentati da concetti quali “Environment – Social – Governance”.
I giovani, la cui presenza a Ecomondo, la fiera internazionale dell’economia circolare, è stata particolarmente significativa nel 2023, sono sempre più interessati ai temi ambientali e sono disposti a impegnarsi per la salvaguardia del pianeta.
Le nuove generazioni stanno portando avanti molte iniziative ambientali, sia a livello individuale che collettivo e si impegnano per ridurre il consumo di energia e di risorse, per promuovere la mobilità sostenibile e per sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi ambientali.
Le generazioni precedenti hanno fortemente compromesso l’ambiente, lasciando ai giovani un pianeta in condizioni critiche i quali hanno un compito importante: quello di invertire la tendenza e di costruire un futuro più sostenibile.