Il nuovo decreto Biometano che sostituirà il DM 2 marzo 2018 è stato messo a punto dal MITE e notificato alla Commissione Europea il 17 novembre. Il DM coordinerà i nuovi sistemi di incentivazione del biometano con i contributi del PNRR per la realizzazione di nuovi impianti e la riconversione degli impianti agricoli di biogas con i contributi per la realizzazione di interventi di agricoltura circolare.
Il Decreto, divulgato in bozza da alcune testate, rappresenta un potenziale miglioramento rispetto al previgente sistema specialmente per il contesto agricolo e per gli impianti di taglia fino a 250 Smc/h e prevede incentivi per la durata di 15 anni con tariffe omnicomprensive o tariffe premio variabili per taglia e matrice.
Il DM prevede l’incentivazione di due tipologie di biometano:
- per i trasporti (riduzione emissione gas serra del 65% e uso esclusivo di matrici avanzate di cui all’allegato VIII del DLgs di recepimento RED2)
- per altri usi (matrici libere ma riduzione di emissione dei gas serra dell’80%).
Il raggiungimento delle riduzioni proposte non è banale e viene misurato utilizzando i criteri di calcolo della RED2 e della norma UNI TS 11567 (in via di aggiornamento). Per raggiungere le riduzioni richieste occorre in genere l’impiego di elevate quote di effluenti zootecnici nella dieta. Il recupero della CO2, ove possibile, consentirebbe di migliorare la situazione.
Alcune incertezze sono legate al valore definitivo delle tariffe incentivanti ed alle modalità di detrazione degli ausiliari in quanto il decreto prevede l’incentivazione del biometano netto immesso in rete, detratti gli ausiliari di impianto. Una detrazione forfettaria elevata potrebbe mettere in discussione il business plan degli impianti calcolato sulla base delle tariffe massime proposte.
Rammarico da parte del mondo agricolo è stato espresso dal Presidente del CMA Sebastiano Villosio per la mancata applicazione della deroga prevista dalle norme UE (Art. 29 RED2) relativa ai vincoli sulla sostenibilità ed ai criteri di riduzione delle emissioni di gas serra per gli impianti di piccola taglia, al di sotto dei 2 MWt (circa 200 Smc/h o 800 kWe), tipicamente impianti gestiti da aziende agricole. Sarà quindi necessario basare l’alimentazione degli impianti in via prioritaria sui reflui zootecnici, cosa difficoltosa in alcuni contesti italiani con limitata presenza di allevamenti.
D’altro canto occorre riconoscere, sempre per la filiera agricola, lo sforzo compiuto dal MITE per sostenere con tariffe più incoraggianti le taglie agricole di impianto (< 250 Smc/h).
Penalizzante risulta, al contrario, il costo specifico di investimento per impianti maggiori di 500 Smc/h, decisamente più basso rispetto alle reali economie di scala ottenibili nei grandi impianti.
La filiera del trattamento FORSU lamenta, invece, una forte penalizzazione legata alla tariffa proposta particolarmente bassa rispetto al precedente regime del DM 2 marzo 2018. Gli operatori di settore auspicano, quindi, uno slittamento del termine finale di operatività del DM biometano vigente dal 31/12/2022 al 31/12/2023 per consentire la conclusione dei progetti avviati senza penalizzazione.
La bozza di DM non include alcun meccanismo di passaggio al nuovo sistema di incentivazione da parte degli impianti biometano già entrati in esercizio con il DM 2 marzo 2018.
Si tratta, a giudizio del CMA, di un passo in avanti per il mondo agricolo rispetto al DM 2 marzo 2018, ma occorrerà attendere per le valutazioni finali, la definizione delle tariffe nella stesura finale del Decreto e l’identificazione dei criteri tecnici per il calcolo dei servizi ausiliari nelle procedure applicative GSE.