Proteggere e promuovere la montagna

Intervista al Presidente di UNCEM Marco Bussone

1. UNCEM, di cui Lei è Presidente, è l’Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani. Cos’è esattamente e a cosa serve? Perché è necessaria una realtà che mantenga un focus sui comuni montani in Italia?

Uncem è nata nel 1953 come organizzazione di rappresentanza, sindacale e di dialogo tra territori, Enti, Istituzioni, in particolare Governo e Parlamento. Al centro vi sono stati sempre obiettivi di valorizzazione territoriale e valorizzazione della montagna. Va ricordato che le aree montane italiane rappresentano il 54% della superficie italiana. Ma se togliamo le aree metropolitane, le “cento grandi città” del Paese, i capoluoghi, arriviamo all’83% di territori rurali, montani, interni, a bassa densità di popolazione. Uncem guarda a questo enorme spazio, spesso poco rappresentato e preso in considerazione dalla politica. Nell’area alpina e appenninica vivono oltre 6 milioni di persone e arriviamo al 15% di PIL del Paese. Le aree montane hanno nell’articolo 44 della Costituzione, secondo comma, un punto fermo, e proprio la Carta Costituzionale prevede misure specifiche che la legge deve mettere in campo. Dalla prima legge del 1952 sulle aree montane arriviamo fino alla legge 97 del 1994, l’ultima interamente dedicata alla montagna. Poi ci sono diverse Regioni italiane che hanno specifiche leggi, con investimenti e stanziamenti economici annuali. Da diversi anni, Governi e Parlamenti provano a montare una nuova legge nazionale sulla montagna, ancora senza risultati. Negli ultimi 15 anni, molteplici regioni hanno smontato il sistema istituzionale che contava, fino al 2010 circa 350 Comunità montane. In molte Regioni sono state trasformare in “Unioni montane di Comuni” puntando su due necessità parallele e intrecciate: riorganizzare i servizi pubblici e garantire politiche di sviluppo sociale ed economiche ai territori.

2. Le foreste possono rappresentare una risorsa per i comuni di montagna. Qual è la situazione attuale delle foreste nei comuni montani italiani?

Frammentazione fondiaria e aumento delle superfici forestali sono collegati in modo circolare con la diminuzione delle persone che vivono sui territori montani. Più che di “abbandono” della montagna, tendo a dire che nei Comuni montani “si muore di più e si nasce bene”. L’attenzione degli ultimi dieci anni sulle foreste, culturale e anche istituzionale, oggi ha bisogno di fare passi in avanti per dire come si aumentano benefici e valore dei lavori in bosco, si dà un beneficio ai proprietari forestali spinti ad associarsi, si realizzano efficaci piani forestali per le proprietà pubbliche e anche per quelle private. Da tempo chiediamo allo Stato, al Parlamento di iniziare a lavorare su una ricomposizione fondiaria. Vale lo stesso tema per i Comuni: se gli Enti sono in una logica dell’IO, campanilisti e municipalisti, pensando di bastare a se stessi, non si va lontano. Così per le superfici forestali. Abbandono, aumento del bosco d’invasione, riduzione della popolazione e delle imprese sono fattori collegati che già hanno antidoti da sperimentare all’interno della Strategia forestale nazionale. Oltre a questo, le Regioni, che hanno competenza sulle foreste e sulla montagna, devono fare e investire di più. Non è accettabile che solo un terzo abbiano uniformato le leggi regionali al TUFF e solo cinque abbiano una legge regionale sulla montagna. Occorre un’azione anche dal centro, per interventi concreti e non occasionali.

3. Come secondo lei, si può lavorare per far sì che si ingeneri un processo di economia circolare e sostenibile che coinvolga foreste, sviluppo economico e protezione dell’ambiente?

Vi sono molti esempi di questo trinomio, concreti. Penso all’Alto Adige, da Bressanone a Vipiteno dove questo sviluppo, anche con i beni ambientali come le foreste valorizzati, e protezione ambientale si realizza. O ancora il Primiero. E poi altre zone del Paese, Alpi e Appennino. Dove i Comuni insieme, non da soli, lavorano con imprese, terzo settore, scuole. Allargano il campo. E dunque realizzano di fatto Strategie di green community nelle quali molto crediamo. Uomo e natura stanno insieme garantendo sviluppo, valorizzazione dei versanti, investimenti. Affrontano le transizioni economica, ambientale, energetica, digitale, e pure la crisi demografica. La lettura congiunta, come avviene nelle green communities, di molteplici ambiti dell’azione pubblica e politica, visti integrati e connessi, è la sola possibile. Senza escludere fasce di popolazione. Il focus è la comunità. Dunque le persone. Che impegnano anche del loro tempo per condividere le strategie e le opportunità. Si sentono parte di un percorso. Gli esempi non mancano. Dagli esempi si devono rafforzare le politiche, che già comunque esistono.

4. Quale ruolo giocano in questo processo le regioni, il Governo centrale e l’Europa? Cosa chiede UNCEM a questi soggetti politici?

Di solito si chiedono sempre soldi, investimenti, incentivi. Ho sperimentato che prima di tutto alla politica occorre chiedere politiche, scelte e visioni. Da definire insieme nel dialogo. La Strategia delle aree interne, la Strategia delle green Communities sono questo. Hanno certamente risorse economiche a disposizione, ma non senza una precisa destinazione e degli obiettivi. Non sono per qualcuno, sono per tutti. Stanno nel green new deal europeo, lo hanno anticipato, dicono che non si può tagliare fuori chi sta peggio e sorreggono quanti potrebbero entrare in sofferenza nel cambiamento. Non è mero assistenzialismo: quando la montagna lo ha avuto, o almeno qualcuno lo aveva offerto dal centro per far star bravi i territori “periferici”, lo abbiamo respinto. Il diritto allo sviluppo va riconosciuto a tutti. E la politica deve mettere le condizioni per garantirlo. Penso a una più efficace spesa di fondi europei, che va guidata con Commissione, Parlamento UE, Regioni, Governo. Meno studi, più attuazione delle ricerche che insieme alle università e alle imprese facciamo. Concretezza nella visione. Senza negare che i cambiamenti climatici ci sono e sono gravi, fortissimi per le zone montane chiamate totalmente a ripensarsi.

5. Che futuro vede per le montagne italiane e i cittadini che vi vivono?

La crisi climatica ha anche come conseguenza il ricollocamento di aree di fondovalle e di mediavalle, nelle Alpi e negli Appennino. Dire che si vive meglio, in questi contesti, va accompagnato da una serie di impegni delle Regioni e degli Enti locali. Per consentire a chi ci vive e chi ci andrà a vivere di avere adeguati servizi. Scuole, trasporti, sanità in primis. Durante la pandemia tanti hanno creduto in una fantomatica corsa ai borghi e alla montagna. Tutta illusione di alcuni. Di certo, si è capito che anche la città deve ripensare i suoi spazi, meno angusti e più verdi. La montagna e i paesi che lezione hanno appreso? Che sono sì accoglienti con piani di aggiornamento dei servizi fatti dagli Enti locali, nuove forme di abitare, comunità che sono vive e dunque capaci di includere. Comuni insieme, sempre. Non vuol dire cancellare o fondere i piccoli Comuni. Significa che gli Enti, i Comuni grandi e piccoli lungo una valle imparano a lavorare insieme. Come avviene da sempre in Francia e in Germania. Anche sulle energie rinnovabili e sulle foreste. Così come sulla fiscalità, sulla pianificazione. C’è molto lavoro da fare. La popolazione diminuisce più in montagna e nelle zone rurali che nelle zone urbane. Ma la sfida è creare link, legami, patti tra territori, interazioni.

6. UNCEM ha incontrato il Presidente Mattarella lo scorso dicembre e a tale proposito avete scritto che “La montagna trova nelle parole del Presidente la forza per essere viva”. Quali concetti ha espresso il Presidente Mattarella?

Quello che mi ha sempre colpito del Presidente Mattarella è la sua costante attenzione ai territori, ai Sindaci, alle comunità, agli imprenditori, agli artigiani… guardando e valorizzando il piccolo e il poco evidente che emerge per dare messaggi forti, di impatto istituzionale, che sono anche monito per noi stessi, per tutta la Politica. Ha parlato di fiscalità, di Enti, di governo e tutela della montagna, di nuovi abitanti, di luoghi.  Non è facile per la montagna essere viva. Voglio dire che è facile, in particolare per chi amministra Comuni o chi ci vive e lavora, sentirsi abbandonati, con lo Stato lontano, con pochi servizi, con minori opportunità rispetto alle città. Invece il Capo dello Stato ci dice che la montagna per l’Italia è importante, non è residuale, non è mera appendice di un quartiere urbano, non è solo luogo ludico-sportivo. È importante pezzo del Paese. Dà forza a chi ci crede, Uncem è tra questi, ma non è sola. Chiede alle Istituzioni di fare sforzi per migliorare quel territorio, per dare opportunità e soluzioni. Ecco che quelle parole – come poi quelle del Papa il 20 gennaio – sono una luce in mezzo a tante fragilità della contemporaneità. Ci aiutano a non perdere la bussola.

Si apre un nuovo anno: opportunità e sfide per Fiper nel 2024

Editoriale di Walter Righini, presidente FIPER 

Il 2023 si è chiuso con Fiper impegnata su diverse partite, alcune concluse, altre ancora oggi aperte, sulle quali lavoreremo e ci impegneremo ancor di più nel 2024.

Il primo semestre del ’23 ha visto l’evoluzione di FIPER da associazione, a Fondazione di Partecipazione ETS, entrando così a pieno titolo nel regime degli enti del terzo settore. Una scelta consapevole per il ruolo e gli obiettivi che la Fondazione si è posta nel medio-lungo periodo nel promuovere fattivamente la transizione ecologica, attraverso la promozione della filiera biomassa-energia e l’efficienza energetica presso i consumatori finali.

Non solo rispetto dell’ambiente: FIPER non dimentica la responsabilità sociale e ha proseguito, dopo la donazione effettuata a Giugno, la collaborazione con Soleterre anche a Natale, per sostenere il progetto di costruzione di un ospedale a Leopoli per i bambini ucraini vittime di guerra.

Nel secondo semestre invece sono giunti al termine due importanti progetti di cui FIPER era partner. In particolare: il progetto europeo denominato “BeCOOP”, che ha permesso a FIPER di valutare il potenziale di sviluppo di una comunità dell’energia termica impiegando biomasse legnose locali attraverso il coinvolgimento dei Comuni di Tovo S. Agata, Mazzo e Lovero in Valtellina in collaborazione con il Politecnico di Milano; il secondo di carattere regionale, il progetto USEFOL, finanziato da Regione Lombardia, realizzato con le Università di Milano e di Torino con l’obiettivo di identificare modalità innovative per la gestione forestale sostenibile, il calcolo del carbon sink. Questo progetto ha rappresentato per FIPER l’occasione di realizzare una campagna di sensibilizzazione sui risultati del progetto che coinvolgesse il largo pubblico, in particolare il target giovani e famiglie. A tal fine, si è realizzato un video divulgativo denominato “La scrivania di larice” in collaborazione con “Compagnia delle Foreste” e la scuola di teatro “Teatro Pedonale”.

FIPER ha partecipato attivamente ai tavoli istituzionali, sia regionali che nazionali, aperti sulla filiera forestale, sulla promozione delle fonti rinnovabili, sul teleriscaldamento efficiente e l’economia circolare, cercando sempre un approccio costruttivo e collaborativo con i ministeri, regioni e province e le diverse agenzie, per promuovere un modello di sviluppo locale green nelle aree montane e interne. Continuerà anche nel nuovo anno a presenziare a tutti i tavoli aperti, compresa la presenza, nella persona di Vanessa Gallo, all’interno del board di Bioenergy Europe, che ci permette di tenere un’interlocuzione sempre aperta e costante sul piano europeo e internazionale nel settore delle bioenergie.

A livello Europeo, la partita relativa al corretto riconoscimento della biomassa legnosa primaria all’interno della RED3 è stata vinta, ottenendo che la responsabilità dell’applicazione della norma europea in materia forestale sia demandata agli stati membri, sulla base delle loro specificità e dei relativi piani forestali nazionali. Con la RED III è stato dato il via libera al nuovo traguardo sulle rinnovabili che dovranno raggiungere il 45% dei consumi finali di energia al 2030, contro l’attuale traguardo del 32%.

Tra le novità dell’ultima parte del 2023, è da segnalare la partecipazione di FIPER al Cluster legno del MASAF, il cui lavoro è già iniziato sulla gestione e manutenzione della foresta urbana. Dopo aver contribuito, con altri stakeholder alla stesura del position paper su “Gestione forestale e sostenibilità degli usi energetici delle biomasse forestali”, ci si concentrerà sul sostegno alla filiera legno e alla diversificazione degli impieghi, alla migliore valorizzazione della risorsa legno e una più capillare e approfondita gestione forestale sostenibile nei territori montani italiani, prendendo a modello i diversi esempi virtuosi, filiere corte e locali e sistemi di conversione energetica altamente tecnologici e non inquinanti, in cui le filiere per il legname da opera si integrano perfettamente con quelle energetiche. “Fare sistema insieme!”, la sfida del cluster portavoce delle associazioni di categorie, enti di ricerca, istituzioni che si occupano dell’economia del legno e della promozione del made in Italy ad essa correlata.

In questo scenario, affinché gli interventi per raggiungere gli obiettivi di incremento dell’energia da fonti rinnovabili siano efficaci, è indispensabile basarsi su una strategia complessiva di decarbonizzazione dell’economia e in questa direzione, solo una maggiore integrazione fra la politica energetica nazionale  e quella forestale, del clima e dell’ambiente e della bioeconomia circolare, consentirà al Paese di assolvere ai propri impegni, fornendo al contempo nuove opportunità d’investimento e di sviluppo in particolare per le comunità locali, nelle aree periferiche.

FIPER sarà impegnata nel 2024 nel monitorare e fornire il proprio contributo nelle consultazioni relative al recepimento della Direttiva RED 3 e agli ultimi provvedimenti afferenti alla RED 2: l’introduzione delle garanzie d’origine per l’energia termica, la revisione dei target del PNIEC, la definizione dei prezzi minimi per l’energia, il FER 2, la promozione del teleriscaldamento efficiente tra gli strumenti di efficienza energetica.

Riguardo alle garanzie d’origine (GO) termiche, il MASE ha avviato la consultazione fino al 15 gennaio 2024 con l’obiettivo di incrementare anche in Italia la produzione e l’uso dell’energia termica rinnovabile. Una grande opportunità per il teleriscaldamento rinnovabile e in particolare a biomassa. Infatti, la RED III prevede che gli Stati Membri definiscano ulteriori specifici target sulla penetrazione delle FER nel riscaldamento. In particolare, nel settore del teleriscaldamento e teleraffrescamento, la RED III prevede un incremento indicativo della quota rinnovabile termica sino a un valore prossimo al 48% al 2030.

Per raggiungere questi target, è necessario un serio cambio di ritmo sulla promozione delle energie rinnovabili, sia in termini di normative nazionali, sia di incentivazione.

In questo senso, anche il bando ministeriale che ha rivisto, prima di fine anno, le graduatorie per assegnare i fondi del PNRR per l’installazione ex-novo, il rinnovo o l’ampliamento degli impianti di teleriscaldamento e teleraffrescamento rinnovabili, ha messo a disposizione solamente 200 milioni di euro, troppo poco per gli obiettivi che il nostro Paese ha bisogno di raggiungere entro il 2030. Anche su pressione di FIPER il Ministero ha riaperto le graduatorie, premiando alcuni progetti di nostri associati, ma l’impegno economico è ancora abbondantemente sottodimensionato, soprattutto se comparato con altri paesi come la Germania, che nello stesso periodo ha stanziato quasi 3 miliardi di euro. 

La versione del PNIEC trasmessa a Bruxelles nel luglio 2023 riduce ulteriormente il ruolo delle bioenergie nel settore termico. Come già evidenziato dalla Commissione Europea nel 2019, bisogna riconoscere – in un’ottica di neutralità tecnologica – un adeguato contributo da parte delle biomasse. Per centrare gli obiettivi europei serve un cambio di passo: la copertura dei consumi finali lordi di energia termica da FER è ancora “ferma” al 20%, ma l’obiettivo è raggiungere il 37% al 2030. Ciò significa che nei prossimi 7 anni dobbiamo raddoppiare la quota di FER termiche, ossia aumentare di 2,5% all’anno la quota di rinnovabili (a parità di consumi) puntando su PdC, Biometano e Biomasse.

Insomma, da ogni parte ci arrivano dunque forti segnali che il tempo per la transizione energetica a nostra disposizione è veramente pochissimo e serve quindi una vera accelerazione delle politiche di sostegno a tutte le energie rinnovabili biomasse comprese.

Sfalci e potature non sono rifiuti

La battaglia per far riconoscere sfalci e potature come sottoprodotti sta dando risultati e anche la giurisprudenza si sta arricchendo di spunti e riferimenti normativi a cui appellarsi. Ne abbiamo parlato con Rosa Bertuzzi, avvocata specializzata in diritto ambientale, che negli ultimi anni ha seguito proprio il caso dei sottoprodotti da sfalci e potature, per salvarli dal regime dei rifiuti.

1. Quali sono le specificità di un’avvocatessa specializzata in diritto ambientale?

L’avvocatessa specializzata in diritto ambientale è una professionista che ha una formazione giuridica specifica in materia ambientale, che include la conoscenza della normativa nazionale e internazionale in materia ambientale, nonché delle problematiche giuridiche e scientifiche legate alla tutela dell’ambiente.

L’avvocatessa in diritto ambientale cura anche il modello di organizzazione del D.l.vo 231/01, che è un sistema di regole e procedure che le aziende adottano per avere una perfetta gestione aziendale, in particolare quella ambientale.

Il modello 231 è molto utile per le aziende che operano nel settore ambientale, in quanto può aiutarle a ridurre il rischio di incorrere in reati ambientali, come l’inquinamento, lo smaltimento illecito di rifiuti e l’utilizzo di sostanze pericolose.

L’avvocatessa in diritto ambientale può fornire consulenza e assistenza alle aziende per la redazione e l’implementazione del modello 231. In particolare, può valutare i rischi di reato specifici del settore ambientale, progettare il modello 231 in modo da essere efficace nel prevenire e contrastare la commissione di reati, assistere l’azienda nell’implementazione del modello 231, formare i dipendenti dell’azienda sulle procedure del modello 231.

Oggi si affronta anche il discorso della Circular Economy, della sostenibilità ambientale, al fine di ridurre al massimo la produzione di rifiuto e di recuperare gli scarti di lavorazione, trattandoli some sottoprodotti, ovverosia trattandoli in altro ciclo di lavorazione, come materia prima.

2. Da tempo è impegnata nel dimostrare che il legno vergine risultante da sfalci e potature è materiale forestale escluso dal regime di trattamento rifiuti. Può spiegarci brevemente a che punto siamo in Italia?

In proposito è possibile consultare il mio articolo pubblicato sul sito AMBIENTEROSA.NET che tratta l’argomento.

In particolare le società che si occupano, tra l’altro, di valorizzazione di legno vergine, potature, gestione del verde, servizi forestali e vendita legno cippato e biomasse per uso energetico, possono trattare tale materiale come bene, e non come rifiuto, ai sensi dell’art. 185, comma 1, lett. f) del D.L.vo 152/2006.

A tal riguardo, lo studio di consulenza Ambienterosa srl in data 01/05/2023 poneva un primo quesito all’Unione Europea (in merito alla materia in oggetto) e un secondo quesito al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, ciò alla luce della sentenza n.4221 del 01.02.2023, Cass. pen. Sez. III, ove è stato chiarito quali siano gli ambiti in cui gli sfalci, le potature, non costituiscono rifiuto.

In risposta al secondo quesito, con nota del 3.08.2023, il MASE, nel confermare il contenuto della sentenza, e uniformandosi all’indirizzo fornito dall’Unione Europea, ha ribadito “Con riferimento alla richiesta avanzata da codesta società, relativamente all’ambito di applicazione della norma citata in oggetto si rappresenta che la Sentenza di Cassazione n. 4221 del 01/02/2023, citata nella suddetta nota, ha fornito l’interpretazione della norma in argomento, coerentemente con i principi generali ispirati alla protezione dell’ambiente e alla tutela della salute umana”.

Con ciò di fatto, il MASE, nel confermare il contenuto della sentenza n.4221 ha ribadito che la Corte, nel proprio giudicato, si è uniformata ai principi generali ispirati alla protezione dell’ambiente e alla tutela della salute umana chiudendo il cerchio delle incertezze interpretative sul tema di cui all’oggetto.

Pertanto, a oggi, conformemente all’art. 185, comma 1, lettera f), non costituiscono rifiutila paglia e altro materiale agricolo forestale naturale non pericoloso, quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, gli sfalci e le potature effettuati nell’ambito delle buone pratiche culturali riutilizzati in agricoltura, in silvicoltura o per la produzione di energia da biomassa, anche al di fuori del luogo di produzione o a mezzo di cessione a terzi, sempre che siano seguite delle procedure che non danneggiano l’ambiente o non mettano in pericolo la salute umana”.

Se le condizioni di cui sopra non ricorrono, il materiale deve essere classificato come rifiuto.

La sentenza della Corte di Cassazione n.4221/2023, che ribadisce il principio secondo cui gli sfalci e le potature non costituiscono rifiuto solo se riutilizzati in agricoltura, silvicoltura o per produzione energetica, è solo l’ultima di una serie di tre pronunce analoghe emesse dal 2020 a oggi.

In tutti gli altri casi, gli sfalci e le potature sono da considerarsi rifiuti e il loro trasporto è soggetto alla disciplina di questi ultimi.

Inoltre, il proponente del trattamento dei rifiuti deve sempre dimostrare, in modo sostanziale e certo, la sussistenza dei presupposti per l’applicazione del regime derogatorio di favore previsto dall’art. 185, comma 1, lett. f), del D.Lgs. n. 152/2006.

3. A livello europeo è in atto una forte spinta verso l’economia circolare, ovvero il riuso, il riciclo dei materiali per impiego in altri processi produttivi. Quali sono, a suo avviso, i principali elementi ostativi che sinora non hanno permesso di favorire l’impiego dei residui legnosi derivanti dalla gestione delle foreste urbane e/o dal materiale proveniente dagli effetti di eventi metereologici straordinari?

Uno dei principali ostacoli all’applicazione dei principi dell’economia circolare è rappresentato da una lettura della normativa che, troppo spesso, a livello europeo e nazionale, è più formale che sostanziale.

Ad esempio, la disciplina del sottoprodotto, che rappresenta uno strumento potentissimo per la prevenzione della formazione dei rifiuti, è spesso oggetto di interpretazioni difformi che ne ostacolano la corretta applicazione.

Infatti, il sottoprodotto è un residuo di produzione che, pur non essendo l’obiettivo primario del ciclo produttivo, può essere riutilizzato nello stesso o in un successivo processo dal produttore medesimo o da parte di terzi.

Tale disciplina è volta a favorire la reintegrazione nel ciclo produttivo di materiali e risorse, contribuendo così a ridurre il consumo di materie prime e la produzione di rifiuti.

Tuttavia, la corretta individuazione dei requisiti per la qualificazione di un residuo come sottoprodotto è spesso fonte di incertezze e controversie. Ciò è dovuto, da un lato, alla complessità della disciplina e dall’altro lato dalle difformità interpretative che rendono difficile per gli operatori economici individuare con certezza la corretta qualificazione del residuo.

Tali difficoltà ostacolano la piena applicazione della disciplina del sottoprodotto, che rappresenta uno strumento fondamentale per la realizzazione dell’economia circolare.

In merito a tale questione, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in una recente sentenza relativa al rapporto tra sottoprodotti ed end of waste, ha ribadito il principio secondo cui la tutela ambientale deve essere prioritariamente di natura sostanziale e non formale.

Un esempio lampante delle difficoltà interpretative in materia di sottoprodotti, per quanto concerne i materiali oggetto di esame, è rappresentato dal superamento della prima condizione dell’articolo 184-bis del D.Lgs. n. 152/2006, secondo cui il residuo deve provenire da un processo produttivo.

Negli anni, il Ministero dell’Ambiente ha espresso più volte il proprio parere favorevole all’applicazione del concetto di sottoprodotto agli sfalci e alle potature, ritenendo soddisfatto il requisito del processo che lo produce, in quanto inteso anche per i processi che producono servizi. In particolare, il Ministero ha affermato che il sottoprodotto può derivare da qualsiasi processo tale da “produrre” dei risultati, ossia trasformare i fattori produttivi in risultati e, pertanto, anche da attività che producono servizi.

Tale orientamento è stato espresso in numerose note e circolari ministeriali, tra cui la nota risposta Fiper min. amb. Prt. 6038 del 27/05/2015, la circolare M.A. 7619 del 30/05/2017, punto 6.2, la circolare 3983 del 15/03/2018 e la circolare 1657 del 14/05/2021.

Tuttavia, alcuni organi di controllo o giuristi hanno ritenuto che la lettura del concetto di produzione andasse letta in senso rigido e non applicabile quindi alle attività di servizio.

In risposta a un nuovo interpello richiesto da Confindustria, il MASE ha nuovamente ribadito quanto già espresso più volte, confermando che il sottoprodotto può derivare da qualsiasi processo tale da “produrre” dei risultati, quindi anche da attività che producono servizi.

Tale interpello, numero 187275 del 17/11/2023, rappresenta un importante chiarimento in materia e contribuisce a definire in modo univoco il campo di applicazione della disciplina dei sottoprodotti in particolare quelli prodotti all’esito di attività di manutenzione del verde.

È necessario che la normativa in materia di sottoprodotti sia interpretata in modo uniforme e coerente con i principi dell’economia circolare, al fine di favorire la reintegrazione nel ciclo produttivo dei materiali e delle risorse e di ridurre l’impatto ambientale.

In particolare, è opportuno che le autorità competenti forniscano un’interpretazione chiara e univoca della disciplina, al fine di evitare incertezze e controversie.

Infine è necessario promuovere la formazione e l’informazione degli operatori economici, al fine di consentire loro di comprendere correttamente i requisiti per la qualificazione di un residuo come sottoprodotto.

4. Anche a livello EU assistiamo a volte a decisioni schizofreniche; negli ultimi giorni alla ribalta le proposte di modifica del regolamento sugli imballaggi. Le scatole in legno del famoso camembert e delle ostriche potrebbero essere bandite in quanto packaging non riciclabile. Un possibile scenario vede la sostituzione dell’imballaggio in legno con quello in plastica riciclata. Non è assurdo, anche da un punto di vista ambientale?

Le decisioni dell’Unione europea non sempre soddisfano i principi di buon senso e di sostenibilità ambientale. Ciò è dovuto, in particolare, al fatto che tali decisioni sono spesso influenzate da interessi di parte, rappresentati da lobby che operano a livello europeo.

In tale contesto, è di fondamentale importanza che le istanze delle imprese del settore della manutenzione del verde siano adeguatamente rappresentate nei processi decisionali europei mediante la presentazione di osservazioni e la promozione di azioni legali.

Il tema delle biomasse è emblematico della difficoltà di conciliare gli interessi economici con quelli ambientali. In particolare, l’utilizzo delle biomasse per la produzione di energia mediante combustione è spesso considerato politicamente scorretto, in quanto si ritiene che possa contribuire alla deforestazione.

La realtà dei fatti è ben diversa. L’utilizzo delle biomasse può contribuire alla sostenibilità ambientale a condizione però che le biomasse siano prodotte da scarti di lavorazione o da foreste gestite in modo sostenibile. Tra l’altro occorre evidenziare che le biomasse contribuiscono a produrre oltre il 40% del totale delle energie rinnovabili prodotte in Italia.

In questo ambito è di fondamentale importanza che le imprese che operano nel settore delle biomasse siano adeguatamente rappresentate nei processi decisionali europei. Ciò consentirà di promuovere delle azioni che siano coerenti con gli interessi ambientali e con le esigenze di sviluppo economico.

5. Non è comune incontrare una donna avvocatessa ambientale. che consiglio si sentirebbe di dare a giovani studentesse interessate a specializzarsi sul diritto ambientale?

Oggi il diritto ambientale è molto sentito; consiglio ai giovani studenti, di ogni facoltà e scelta di studio, di affrontare sempre e comunque il problema che oggi è dirompente: l’ambiente e la sua sostenibilità e i principi europei rappresentati da concetti quali “Environment – Social – Governance”.

I giovani, la cui presenza a Ecomondo, la fiera internazionale dell’economia circolare, è stata particolarmente significativa nel 2023, sono sempre più interessati ai temi ambientali e sono disposti a impegnarsi per la salvaguardia del pianeta.

Le nuove generazioni stanno portando avanti molte iniziative ambientali, sia a livello individuale che collettivo e si impegnano per ridurre il consumo di energia e di risorse, per promuovere la mobilità sostenibile e per sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi ambientali.

Le generazioni precedenti hanno fortemente compromesso l’ambiente, lasciando ai giovani un pianeta in condizioni critiche i quali hanno un compito importante: quello di invertire la tendenza e di costruire un futuro più sostenibile.

Il complicato e affascinante mestiere di raccontare le foreste

Luigi Torreggiani è giornalista e dottore forestale. Collabora con la rivista “Sherwood – Foreste ed Alberi Oggi” e cura per Compagnia delle Foreste la comunicazione di progetti dedicati alla Gestione Forestale Sostenibile e alla conservazione della biodiversità forestale. Realizza e conduce podcast, video e documentari sui temi forestali. Ha pubblicato “Il mio bosco è di tutti”, un romanzo per ragazzi, e altre storie forestali illustrate per bambini.

1. Cos’è Compagnia delle Foreste e di cosa si occupa?
Compagnia delle Foreste è una società privata che si occupa di editoria, comunicazione e innovazione in campo forestale e ambientale. Da quasi trent’anni produce “Sherwood – Foreste ed Alberi Oggi”, la principale rivista italiana rivolta al settore forestale e ambientale e nel tempo ha seguito tutti gli aspetti di comunicazione di tantissimi progetti, curando la realizzazione di pubblicazioni, siti web, video, podcast, organizzando eventi e attività di partecipazione. Siamo anche casa editrice: pubblichiamo libri e manuali a tema forestale che poi distribuiamo attraverso la nostra libreria online Ecoalleco, che raccoglie volumi anche di altri editori. Le nostre caratteristiche principali sono la passione per le foreste e la gestione forestale sostenibile, la flessibilità, che ci permette di svolgere attività molto diverse tra loro, e la propensione all’innovazione e al pensiero critico, elementi fondamentali di crescita non solo personale, ma anche collettiva.

2. Quali sono i temi che a tuo avviso vanno raccontati di più e per quale motivo?
Credo che al giorno d’oggi la priorità non sia più soltanto quella di avvicinare le persone al tema ambientale, di far accrescere loro la sensibilità verso la tutela della nostra “casa comune”: per fortuna, in questo periodo storico, c’è grande attenzione su questi aspetti, soprattutto tra i giovani. Perciò credo che a fianco della necessaria sensibilizzazione sulla tutela dell’ambiente sia oggi fondamentale educare alla complessità del rapporto tra esseri umani e risorse naturali. Per la nostra vita su questo pianeta necessitiamo di servizi ecosistemici derivanti dalle foreste: legno, ma anche acqua, prodotti selvatici, spazio per il tempo libero, protezione idrogeologica e tanto altro ancora. Per generare questi servizi occorre gestire attivamente il patrimonio forestale, che oggi copre quasi il 40% del territorio nazionale. Quando dico gestire intendo prima di tutto pianificare in modo partecipato: con una buona pianificazione, il più possibile condivisa, si riescono a tenere assieme, sullo stesso territorio, funzioni produttive ed efficaci attività di conservazione della natura. Troppo spesso queste due facce della stessa medaglia sono state raccontate come separate, antitetiche, e ciò ha generato incomprensioni e aspri conflitti. Sono convinto che un equilibrio sia possibile… e che per raccontare questo equilibrio una buona comunicazione sia fondamentale!

3. Cosa significa salvaguardare le foreste in Italia oggi?
Ci sono vari livelli da analizzare. Dal punto di vista della superficie forestale il nostro Paese assiste ormai da un secolo ad una costante avanzata del bosco, che è praticamente raddoppiato rispetto alla fine dell’800. Questo è un dato estremamente positivo, che tuttavia non può essere esaminato singolarmente. Occorre anche osservare lo stato di conservazione e di salute di questa enorme superficie (11 milioni di ettari). Anche dal punto di vista della tutela ambientale i numeri sono molto positivi: il 35% circa delle foreste italiane ricade in Parchi nazionali, regionali o nella Rete Natura 2000 e le foreste italiane sono indubbiamente tra le più protette d’Europa. Dal punto di vista gestionale, invece, sussistono indubbiamente alcuni problemi: solo il 15-20% della superficie forestale è pianificata; la proprietà forestale, soprattutto in alcuni ambiti, è estremamente frammentata; molte superfici versano in stato di totale abbandono, generando situazioni ad alto rischio, ad esempio per quanto riguarda gli incendi. Inoltre, in molte aree del nostro Paese, soprattutto lungo l’Appennino, domina una gestione semplificata, che porta oggi alla sola produzione di assortimenti energetici (legna da ardere soprattutto) senza un auspicabile “approccio a cascata”. Questo non è un male a prescindere: l’energia è un bene primario e quella rinnovabile è fondamentale nel percorso di transizione ecologica; la produzione di legna da ardere e cippato rappresenta quindi un servizio fondamentale per molte famiglie che, in alternativa, utilizzerebbero per scaldarsi fonti fossili di energia, come il gasolio. La gestione a ceduo ha inoltre il pregio di essere semplice, alla portata di tutti, e di garantire rapidamente la rinnovazione del bosco, generando reddito costante a proprietari e imprese. Tuttavia, anche in queste aree sarebbe auspicabile, ove possibile, incrementare una gestione maggiormente diversificata e complessa, che veda i boschi cedui più intramezzati, rispetto ad ora, a fustaie e a forme di governo misto. Questo porterebbe benefici economici, grazie alla produzione di legname di maggior pregio e alla possibile attivazione di filiere locali del legno da opera, ma anche benefici paesaggistici e ambientali. Un altro punto critico è la suscettibilità di molti dei nostri boschi alle conseguenze della crisi climatica, che determina disturbi naturali sempre più intensi e frequenti. Anche su questo caso occorre lavorare da subito per portare le foreste a strutture più resilienti.

Per fare tutto ciò serve pianificare e poi gestire attivamente, occorre quindi far tornare le foreste al centro di politiche lungimiranti, che prevedano molto più di ora forme di incentivazione della pianificazione e della selvicoltura… anche in questo caso la comunicazione e l’informazione possono giocare un ruolo fondamentale.

4. Compagnia delle Foreste ha prodotto anche un podcast intitolato “Vaia”: cosa ha rappresentato quella tempesta per te e per le foreste italiane?
La tempesta Vaia ha indubbiamente determinato un prima e un dopo. Quell’evento così impattante dal punto di vista ambientale, economico e sociale, ci ha mostrato chiaramente due cose: che la crisi climatica esiste e che le nostre foreste, in molti casi, sono ancora troppo semplificate e quindi poco resilienti ad eventi di questo genere. Ha inoltre mostrato, sotto gli occhi di tutti, alcune problematiche strutturali del nostro settore, come ad esempio la mancanza di un numero adeguato di segherie e di filiere locali del legno. Oggi l’infestazione di bostrico (un coleottero scolitide), conseguente alla tempesta ma anche ad annate sempre più calde e secche, sta mandando in crisi la specie forestale più importante delle Alpi, l’abete rosso. Tutto questo deve spingerci, mi ripeto, ad investire molto più che in passato sulle foreste e sulla loro gestione attiva, sulle imprese della filiera e sui proprietari di boschi: solo così potremo iniziare davvero un cammino collettivo verso il grande, meraviglioso macro-obiettivo della Strategia Forestale Nazionale: “Portare il Paese ad avere foreste estese e resilienti, ricche di biodiversità, capaci di contribuire alle azioni di mitigazione e adattamento alla crisi climatica, offrendo benefici ecologici, sociali ed economici per le comunità rurali e montane, per i cittadini di oggi e per le prossime generazioni”. La tempesta Vaia prima e oggi il bostrico ci obbligano a procedere rapidi verso questa direzione: la politica dovrebbe capirlo e agire di conseguenza.

Per quanto riguarda nello specifico la comunicazione devo dire che Vaia è stata una vera e propria occasione: da quell’evento in poi sempre più persone si sono interessate alle foreste, che sono improvvisamente tornate sotto i riflettori, anche se purtroppo per un evento negativo. Narrare la tempesta, le sue cause e le conseguenze del suo passaggio, ma soprattutto le sue “lezioni”, ci è sembrato il modo migliore per cogliere questa occasione e dare il nostro contributo per incamminarci verso il futuro con una nuova consapevolezza.

5. Voi producete anche molti video. Tu in particolare hai curato la realizzazione del video “La scrivania di larice”, all’interno del progetto USEFOL, girato con dei giovanissimi attori di una scuola di teatro. Che esperienza è stata?
È stata un’esperienza fantastica, perché, per la prima volta, abbiamo lavorato insieme a ragazze e ragazzi giovanissimi, che sono stati attori di un video, è vero, ma in fondo anche protagonisti di un piccolo-grande percorso formativo che spero li abbia incuriositi e arricchiti. Abbiamo immaginato una storia semplice, ma crediamo efficace, per raccontare quel “mondo nascosto” che sta dietro ogni oggetto di legno. Questa materia prima rinnovabile così importante per la transizione ecologica è ovunque attorno a noi, accompagna da sempre le nostre vite e lo dovrà fare sempre più in futuro, eppure non ci chiediamo mai da dove arriva; se il bosco d’origine è stato gestito bene, come avviene nella maggior parte dei casi in Italia, o se invece è stato cancellato, come purtroppo accade in altre aree del mondo. Porsi questa domanda significa entrare consapevolmente nella complessità del rapporto tra esseri umani e risorse naturali, che in fondo è il grande obiettivo della comunicazione di Compagnia delle Foreste verso il grande pubblico. Spero che questo video, che è liberamente disponibile su Youtube, venga utilizzato nelle scuole, come viatico per discutere, insieme a studentesse e studenti, di gestione forestale sostenibile. Un piccolo “assaggio” che può aprire le porte a percorsi importanti, oggi ancora troppo poco affrontati, per la formazione di ragazze e ragazzi.

6. Quale strumento comunicativo è il migliore oggi per arrivare ai giovani?
Questa è una domanda da un milione di dollari! È difficile rispondere perché i giovani oggi (ma in realtà tutti noi!) sono totalmente immersi nella comunicazione, da quando si svegliano a quando chiudono gli occhi per dormire. È una comunicazione molto variegata, estremamente diversa dal passato, che mischia strumenti, tecniche e stili. Per farvi un esempio, in un reel di Instagram c’è testo, ci sono inserti video ed elementi grafici, c’è musica, ci sono fotografie e link, il tutto condensato in una manciata di secondi e incastrato tra migliaia di altri contenuti che un algoritmo sceglie se farti o non farti vedere in base ai tuoi gusti e preferenze.

L’elemento cruciale rimane però sempre il solito: la curiosità. La chiave di volta è stimolarla attraverso contenuti semplici e accattivanti, ma non banali o forzatamente “piacioni”. Credo infatti che ragazze e ragazzi (a differenza di quanto noi adulti spesso pensiamo), nella maggior parte dei casi sappiano distinguere e siano attratti da chi tratta determinati temi di loro interesse con onestà intellettuale, senza eludere la complessità. Certi contenuti magari acchiappano meno like in generale, ma colpiscono persone veramente interessate agli argomenti, le quali saranno a loro volta invogliate a diffonderli e ad approfondirli.

Per quanto riguarda la comunicazione forestale il cammino è ancora lungo e in salita, il nostro settore non è molto propenso a narrarsi bene, anche se le cose stanno rapidamente cambiando grazie al ricambio generazionale. Sempre più spesso osservo con felicità la nascita di nuove pagine e profili sui social che trattano in modo accurato di foreste, alberi, ambiente e clima. E sempre più spesso a noi di Compagnia delle Foreste arrivano richieste di accompagnare, attraverso attività di comunicazione, progetti e attività, anche molto tecniche, che prima non contemplavano questa necessità. Sono segnali positivi che mi fanno essere ottimista. Forse stiamo iniziando davvero a capire che le foreste, oggi, interessano potenzialmente a tutti e che noi che vi lavoriamo siamo “osservati speciali” da parte di tantissime persone. Non dobbiamo più “chiuderci a riccio”, arroccarci al nostro essere esperti, ma aprirci alle nuove sensibilità e alle legittime domande della società, raccontando in ogni forma possibile che il nostro lavoro è fondamentale per l’equilibrio tra economia, ecologia e società: i tre pilastri del concetto di sostenibilità su cui si deve basare il futuro. Per poter fare questo con onestà, ovviamente, dobbiamo anche continuamente metterci in discussione, ascoltando cosa ci dice la scienza e abbracciando l’innovazione. Questo rinnovato atteggiamento di apertura, a mio parere, sarà un ingrediente chiave della futura comunicazione del nostro settore.

Il Cluster Italia Foresta Legno

Intervista Dott. Carlo Piemonte, Direttore Generale Cluster Italia Foresta Legno

1. In Italia è nato da poco il Cluster Italia Foresta Legno. Di cosa si tratta, chi lo ha promosso, quali realtà ne fanno parte?
Il Cluster Nazionale si inserisce nel percorso tracciato dalla Strategia Forestale Nazionale con la quale si è delineato il futuro del sistema forestale italiano, in un ottica di gestione attiva e sostenibile di questa preziosa risorsa e delle filiere che lo compongono. Alla presenza del Ministro On. Lollobrigida presso la Sala Cavour del Ministero dell’Agricoltura, sovranità alimentare e foreste, i cofondatori hanno dato il via ad un percorso che è solo all’inizio e che sarà sviluppato con tutti i partner nazionali che condividano i valori espressi nello statuto. Una sfida complessa ma importante per il nostro sistema.

2. Quali sono gli obiettivi e le finalità del cluster?
Indubbiamente creare un punto di dialogo e confronto costante tra le diverse realtà del settore foresta legno. Non è una sfida banale o di minore importanza. Anzi. Riuscire a trovare dei punti comuni e quali sfide percorrere insieme, rende il settore più forte al proprio interno e rafforza altresì il valore che la nostra Nazione può rappresentare verso l’Europa o altri Paesi coinvolti nel settore foresta legno. Parallelamente stiamo attivando tutta una serie di iniziative a livello nazionale per favorire le progettualità in filiera e dare supporto ai territori italiani che vogliano partecipare ad una gestione più attiva e sostenibile del proprio patrimonio forestale.

3. Quali sono le principali caratteristiche del settore foresta-legno italiano?
E’ un settore che ha molto ancora da esprimere ma che può rappresentare un modello di sviluppo sostenibile a cui guardare, soprattutto per le aree interne nazionali. Rinnovabilità della materia prima, valorizzazione delle filiere corte, economia di prossimità nonché energetica, sono solo alcune delle tematiche che rendono questo settore di altissima importanza ed interesse. Certamente siamo consapevoli della complessità delle sfide che dovremo affrontare, sia in chiave nazionale che europea, ma il settore ora ha un punto di confronto nel quale poter crescere e migliorare.

4. Qual è il ruolo economico che questo settore gioca attualmente in Italia e quali i suoi potenziali sviluppi futuri?
Nel suo complesso parliamo di circa 15 milioni di metri cubi di legname utilizzato dai nostri boschi dei quali gran parte ad uso energetico con un indice tra i più bassi di Europa nel rapporto tra l’utilizzazione rispetto all’accrescimento. Si consideri altresì che la stragrande maggioranza di legno trasformato dal settore manifatturiero italiano è di importazione. Quindi una delle sfide maggiori che il sistema può affrontare è quella di utilizzare maggiormente il legname nazionale in un ottica di pianificazione sostenibile dei tagli e, parallelamente, introdurlo nelle giuste filiere affinché il valore aggiunto rimanga sul territorio.

5. Come si concilia l’uso del legno per fini produttivi o energetici con la salvaguardia dell’ambiente e del territorio?
Il principio chiave è la pianificazione delle foreste in un ottica di sostenibilità abbinata ad un utilizzo a cascata del legno che si estrae: si parte dalla possibilità di dare il giusto valore al legname all’interno delle diverse filiere di trasformazione, per poi dare valore altresì ai residui di lavorazione o a quello che non si può più riutilizzare o riciclare per farlo diventare un combustibile. Un processo, quello energetico, che se fatto attraverso l’utilizzo di sistemi efficienti ed a basso impatto ambientale a 4 o 5 stelle, rappresenta certamente una filiera sostenibile che ben si inserisce nell’ampio concetto di valorizzazione del legname. Se consideriamo in particolare alcune realtà montane che non accedono agevolmente ad altre risorse energetiche, diventa strategico poter attuare un percorso virtuoso di pianificazione delle foreste locali, gestione dei tagli in un ottica sostenibile valutando anche una definizione puntuale della biomassa disponibile in grado di portare energia e calore a queste comunità. In questo modo si contribuisce all’attenuazione della dipendenza da combustibili fossili o altri e, parimenti, si garantisce un minore impatto ambientale. Con un sistema forestale nazionale gestito attivamente e consapevolmente c’è spazio per ogni filiera italiana.

6. Quali azioni si intendono promuovere nel breve periodo per sostenere la gestione forestale dei boschi italiani?
Diffondere la consapevolezza dell’importanza di una gestione attiva forestale, collaborare con i Ministeri coinvolti dal settore foresta legno per analizzare le priorità comuni evidenziate dagli associati al Cluster, coinvolgere le Regioni e Province autonome italiane all’interno del Cluster Nazionale per condividere buone prassi, iniziative e proposte di gestione attiva forestale. Parimenti stiamo lavorando con i diversi gruppi di lavoro ministeriali per portare in evidenza anche un’opinione qualificata sul sistema foresta legno che, di fatto, può diventare uno dei pilastri della bio-economia italiana presente e futura.

Una strategia per le foreste italiane

La Dott.ssa Alessandra Stefani è Direttore Generale della Direzione Foreste del MASAF, il Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. Fiper l’ha intervistata per conoscere meglio la situazione attuale delle foreste italiane e ragionare sulle prospettive future.

Quali sono le proposte in corso relativamente allo sviluppo di un modello innovativo per la gestione delle foreste italiane?

Le foreste italiane sono ricche in biodiversità ben più di tutte le altre foreste europee, e da 100 anni sono tutelate da una norma di buon governo a beneficio della prevenzione dei dissesti, oltre che dei prelievi di legno. Da quasi quarant’anni sono anche tutelate per il loro contributo al paesaggio, e sono cresciute in quantità e qualità grazie ad azioni di risparmio e all’abbandono delle pratiche tradizionali, oltre che per alcune intense attività di rimboschimento, principalmente dopo le due guerre mondiali, e in ragione dell’abbandono dei territori collinari e soprattutto montani. Ciò che innovativamente si sta cercando di introdurre è un percorso che , preso atto dei vincoli,  possa passare a nuovi modelli di gestione multifunzionale , più vicini alle evoluzioni naturali, che valutino allo stesso modo quanto lasciare al bosco e quanto prelevare, intendendo in questo bilanciamento non solo il materiale legnoso, ed i prodotti a torto spesso definiti secondari, ma anche l’accumulo di CO2, la funzione di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, oltre agli altri ben noti servizi ecosistemici. Non vi sono ricette buone per tutti i boschi italiani. Piuttosto esiste un’unica indicazione, che è quella di estendere quanto più possibile la pianificazione forestale, di area vasta ed aziendale, per identificare e coltivare le principali vocazioni di ogni compagine boschiva.

Qual è il ruolo delle foreste rispetto alla promozione delle bioenergie in Italia, nel quadro degli scenari e degli obiettivi europei e nazionali?

Secondo dati attendibili, quasi nove milioni di italiani si riscaldano con biomasse legnose, solo in piccola parte prodotte in Italia. Per altro, quasi il 60 % dei 12 milioni di ettari di bosco presenti in Italia sono gestiti a ceduo ( dati inventariali aggiornati al 2015 pubblicati da CUFA Carabinieri), una forma di governo dei boschi che produce principalmente biomasse ad uso energetico, spesso destinato all’autoconsumo. Circa un terzo delle biomasse legnose utilizzate a scopo energetico pare provenire da fuori foresta, ma il dato è ancora più controverso dei precedenti. Una modesta porzione di materiale legnoso sul totale è destinata a 23 grandi impianti per produzione esclusiva di energia elettrica, con bassissime rese, perché il calore prodotto nei processi attivati in queste centrali non è utilmente impiegato ne’ al momento impiegabile. Molti degli impianti individuali utilizzati per riscaldamento delle abitazioni, nonostante le misure come il ” conto termico”, non sono tuttora performanti, né dal punto di vista delle rese né dal punto di vista delle emissioni in atmosfera. Diversi sono gli scenari per il reimpiego di residui di coltivazione agricola, di biometano e biogas e utilizzo di residui animali, oli e carcasse. Promuovere le bioenergie in Italia significa indicare percorsi diversi per ogni tipologia di FER. Nell’ambito delle biomasse legnose, avuto riguardo per gli scenari definiti dalle varie strategie e disposizioni, soprattutto europee, diviene fondamentale rendere evidente la complessità dei temi, promuovere usi efficienti e quanto più possibile legati al territorio dove sono prodotte ed .alle collettività locali, nell’ambito dell’uso a cascata ormai ineludibile per le sue ricadute sociali, ambientali ed economiche.

Quali sono i punti cardine della strategia nazionale per le foreste italiane?

Sono condensati nella mission della Strategia: è uno strumento adottato a beneficio del patrimonio forestale italiano, nell’interesse collettivo. La sua missione sarà quella di portare ad avere foreste estese e resilienti, ricche di biodiversità, capaci di contribuire alle azioni di mitigazione e adattamento alla crisi climatica, offrendo benefici ecologici, sociali ed economici per le comunità rurali e montane, per i cittadini di oggi e delle future generazioni. La SFN incentiverà la tutela e l’uso consapevole e responsabile delle risorse naturali, con il coinvolgimento di tutti, in azioni orientate dai criteri di sostenibilità, della collaborazione e dell’unità di azione.

Come possono essere riassunti i dati salienti (quantità) relativi a crescita, prelievo corrente, prelievo ottimale, in riferimento alle foreste italiane?

I dati contenuti nell’inventario forestale 2015 dicono che i volumi di biomassa arborea epigea assommano in media a 165,4 mc ad ettaro (erano stimati in 144 nel 2005) con un volume totale aumentato del 18, 4% e una biomassa arborea epigea cresciuta del 19,4 % rispetto ai medesimi dati del 2005. I prelievi si stimano tra il 20 e il 40% dell’incremento annuo, ben al di sotto delle medie europee. Il prelievo ottimale, data l’amplissima variabilità di cui abbiamo detto e la modesta attendibilità dei dati forniti non è generalizzabile, ma va studiata area per area.

Qual è la quota di patrimonio forestale di proprietà privata e come è ripartita?

Secondo i dati dell’Inventario forestale 2015, i boschi di proprietà privata contribuiscono al 63,5% della superficie forestale totale, si cui ben il 79% di proprietà privata individuale. La proprietà pubblica, presente dunque solo nel 36,5% dei casi, è rappresentata prevalentemente dalla proprietà comunale e provinciale (63,5%) mentre le proprietà statali e regionali assommano al 23,5%.

Quali azioni potrebbero essere messe a punto per ottimizzare la gestione del patrimonio forestale pubblico e privato, in maniera sinergica?

Come sostenuto in precedenza, denominatore comune delle proprietà sia pubbliche sia private dovrebbero essere i piani di gestione, coerenti con la sovraordinata pianificazione di area vasta. Le superfici pubbliche, se non estese a sufficienza per consentire la redazione di piani di gestione, dovrebbero associarsi a proprietà private contermini, e favorire la gestione associata, anche in regime di concessione. Le proprietà private sono quasi sempre di dimensioni modestissime. Prioritaria è l’azione di un associazionismo tra proprietari perché solo una superficie minima accorpata consente una reale attività di gestione che non si limiti a periodici prelievi.

In quest’ottica, quali sono le soluzioni praticabili per le parcelle forestali con proprietari non direttamente reperibili (perché defunti, emigrati ecc.)?

Il Testo unico delle foreste ( D lgs 34 del 2018) consente di individuare alcuni terreni come abbandonati ( da non confondere con le superfici forestali che si è scelto di lasciare ad evoluzione libera) e i terreni silenti, terreni abbandonati per i quali i proprietari non siano individuabili o reperibili a seguito di apposita istruttoria. A mente della stessa norma, le Regioni possono procedere all’ attuazione di interventi di gestione con forme di sostituzione diretta o affidamento a imprese, consorzi, cooperative e ad altri soggetti pubblici e privati o anche mediante affidamento ad enti delegati per la gestione forestale. Le Regioni sono chiamate a definire i criteri e le modalità per il calcolo ed il riconoscimento degli eventuali frutti della gestione, che possono essere accantonati per almeno due anni, in attesa della manifestazione dei proprietari non a suo tempo identificati. Qualora siano trascorsi i due anni senza reclami, i frutti devono essere reinvestiti in attività di valorizzazione ambientale, paesaggistica e socioeconomica dei boschi nella stessa area dove sono stati prodotti.

Nel percorso di creazione di una filiera bosco-energia e di una comunità energetica, sarebbe possibile includere le parcelle private di boschi e foreste nel capitale sociale?

Io ritengo che sia un percorso non solo possibile, ma anche da prediligere. Recentemente, la norma ha riconosciuto la possibilità di costituire reti di impresa anche per il settore forestale, come già proficuamente avvenuto per le reti di impresa agricole. Ma per il settore forestale si è pensato alla creazione di una forma speciale di reti di impresa, chiamata accordo di foresta. In questo caso, unico per il panorama delle reti di impresa, l’accordo prevede la presenza di proprietari di superfici forestali, per ancorare la gestione dei prodotti forestali alle superfici che ne hanno consentito la produzione, con possibilità di una gestione forestale dedicata al prodotto e improntata alla sostenibilità di tutta la catena successiva. Nulla vieta che l’accordo preveda l’utilizzo energetico delle biomasse legnose, da solo o meglio ancora come frutto di un utilizzo a cascata, e che per il suo utilizzo si crei una comunità energetica. Anzi, io credo che sia una prassi innovativa ma importantissima, perché lega ancor di più un territorio ai suoi boschi ed alle genti che lo abitano, cioè coloro che hanno il maggior interesse a mantenerlo nel migliore dei modi possibili ed ad investire per il suo miglioramento.

Quale frase conclusiva può riassumere il suo punto di vista e il lavoro che lei sta conducendo su queste tematiche?

Il tentativo che abbiamo in corso è quello di favorire la gestione delle foreste, ed il loro utilizzo in maniera sostenibile, e se possibile certificata. L’utilizzo a scopo energetico deve inserirsi armoniosamente nel sistema multifunzionale forestale, e non contrapporsi ad altri utilizzi nella logica di una filiera coesa e resiliente.

Energia per l’Ucraina: Avviata la collaborazione con Soleterre, con la donazione da parte di FIPER di 13.500 Euro.

Milano – FIPER ha finalmente trovato e incontrato l’associazione a cui affidare le risorse raccolte tra i propri associati a favore dei bambini ucraini vittime del conflitto.

Circa un anno fa, all’indomani dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, FIPER promosse tra i suoi associati una raccolta di fondi a favore dei minori coinvolti nella guerra. Furono raccolti 13.500,00 euro e nell’assemblea dei soci dello scorso aprile si votò all’unanimità di destinarli al progetto “Unbroken kids” di Fondazione Soleterre, per la realizzazione di un centro di riabilitazione fisica e psicologica per i bambini con traumi e ferite di guerra presso l’Ospedale Saint Nicholas di Leopoli.

Infine, nel mese di giugno, il Presidente di FIPER Walter Righini ha incontrato il Presidente di Soleterre Damiano Rizzi e il medico del progetto Roberto Brambilla per consegnare nelle loro mani il contributo dei soci FIPER a sostegno del progetto.

IL PROGETTO

Con lo scoppio del conflitto, l’ospedale ha dovuto attrezzarsi per accogliere e curare gli oltre 900 minori che rimanevano feriti nei bombardamenti, un lavoro complicato dai continui allarmi antiaerei, dall’urgenza di trovare posti letto per tutti i bambini che ne hanno bisogno, dalla difficoltà a reperire le forniture di medicinali dalle aziende farmaceutiche ucraine devastate dal conflitto, dalle condizioni di disperazione in cui i giovani feriti e le loro famiglie si trovano, al loro arrivo a Leopoli.

Oggi il centro Unbroken kids assiste bambini con menomazioni agli arti e neurologiche, che devono essere curati e inseriti in un programma di riabilitazione di lungo periodo, per provare a ritrovare una vita serena e la speranza in un futuro migliore. “Fondamentale è anche l’accoglienza delle famiglie negli appartamenti dedicati, affinché non si spezzino i legami e non si separino i bambini dai loro cari, anche se purtroppo talvolta capita che i bambini arrivino soli, perché anche i famigliari sono rimasti feriti e sono ricoverati altrove o peggio ancora, perché i loro cari sono deceduti” spiega Damiano Rizzi, presidente di Soleterre. “Noi crediamo che si possano curare le persone se non le si lascia sole, per questo ci prendiamo cura di tutta la famiglia del bambino malato e mettiamo a disposizione il team dei nostri 40 specialisti per affrontare i traumi psicologici che la guerra infligge, con un percorso di riabilitazione fisica a psicologica al tempo stesso”.

Sono arrivato a Leopoli il 10 aprile del 2022 e ho capito subito che sarei rimasto a lungo, perché c’era bisogno del mio aiuto” dichiara Roberto Brambilla, medico specializzato in medicina rigenerativa, impegnato come volontario nel progetto. “Applicando la medicina rigenerativa e utilizzando i prodotti a base di acido ialuronico e collagene riusciamo a ricostruire anche tessuti gravemente danneggiati da schegge di granate e da bombardamenti ed evitare interventi drastici come le amputazioni degli arti. Con queste tecniche e questi prodotti, non solo riusciamo a far guarire ferite un tempo senza speranza, ma anche a farle guarire senza cicatrici. Purtroppo però, tali medicinali non sono facilmente reperibili in Ucraina, dove le aziende farmaceutiche, presenti per lo più nella zona est del paese, sono state danneggiate o chiuse; è necessario farli arrivare dall’Italia o dal resto d’Europa e costano davvero molto”.

Siamo profondamente colpiti dalle storie e dalle immagini che abbiamo ascoltato oggi da Soleterre. Ciò che abbiamo visto è terribile, non dovrebbe proprio accadere. Siamo però anche felici di aver visto che grazie a Soleterre molte di queste brutte storie possono avere un lieto fine” afferma Walter Righini, presidente di FIPER “Siamo contenti che i nostri associati abbiano raccolto il nostro appello a raccogliere fondi per i bambini ucraini e che all’unanimità abbiano scelto di destinarli al progetto Unbroken kids di Soleterre: quelle risorse sono in ottime mani. Oggi non facciamo solo una semplice donazione, oggi per noi è nata un’amicizia che, spero, durerà a lungo, con Soleterre e con l’Ucraina”.

“Attenzione! Le immagini contenute in questa presentazione sono forti e senza filtro e potrebbero urtare la sensibilità di chi le guarda”.

Pubblicati i materiali del convegno di FIPER a FORLENER del 19 maggio 2023

Venerdì 19 maggio Fiper ha partecipato a Forlener a Erba, presso Lario Fiere, con uno stand espositivo e una conferenza in cui ha esposto i risultati del progetto USEFOL e l’aggiornamento sul progetto europeo BeCOOP, di cui ha ospitato il brokerage event. Al termine, i partecipanti hanno potuto partecipare alla visita guidata all’impianto de La Grande Stufa a Villaguardia. Una giornata intensa e ricca di informazioni e spunti interessanti. Pubblichiamo di seguito le presentazioni dei relatori e i video dei loro interventi.

Scarica gli interventi:

Relazione del Presidente Righini all’assemblea nazionale FIPER

Cari Associati,

È un piacere poterci nuovamente incontrare, dopo due anni di video conferenze, di nuovo di persona, qui a Bolzano, oggi nella sede di SEV e domani nella cornice del NOITech Park, esempio di recupero virtuoso di un’area industriale, oggi sede di corsi universitari, start up e imprese che hanno nel core business la ricerca sulla sostenibilità ambientale.

Mi sento dunque di ringraziare SEV, il suo Presidente Hanspeter Fuchs e tutto il suo staff, per l’indicazione di queste location e per il prezioso supporto nell’organizzazione dell’assemblea di oggi e del Convegno di domani.

Quella di oggi è la terza Assemblea FIPER che si tiene in Alto Adige dopo quella dell’ottobre del 2005 a Dobbiaco e quella del marzo 2009 a La Villa. 

Quest’anno abbiamo vissuto mesi davvero difficili.

Dopo la pandemia, l’anno 2022 avrebbe dovuto essere l’anno della rinascita del nostro Paese e invece è drammaticamente iniziato con la guerra russa in Ucraina e tutte le terribili conseguenze di morti, feriti e distruzione di interi paesi e città.

Le conseguenze per noi e nel nostro settore sono state le impennate dei costi delle bollette energetiche di imprese e famiglie dovuto in particolare all’incremento di prezzo delle fonti fossili (in primis il gas metano importato dalla Russia per circa il 50% del fabbisogno nazionale) e il complicato lavoro diplomatico sul piano nazionale ed europeo per contrastare queste conseguenze potenzialmente nefaste per la nostra economia.

Il tema della sicurezza energetica è quindi balzato alle vette delle priorità del Governo – fatto testimoniato anche dalla nascita di un apposito ministero – e sono entrati nel dibattito pubblico, diventando di uso comune, locuzioni quali “mix energetico”, “approvvigionamento energetico”, “transizione energetica”.

In aggiunta quindi al ruolo già riconosciuto dal PNRR alla svolta ecologica nel modello di sviluppo del Paese, si è aperto uno spazio di visibilità importante per tutte le fonti energetiche rinnovabili, oltre che uno spazio concreto di finanziamento per i progetti che le riguardano.

Lo stesso Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ricordato questi concetti nel suo tradizionale discorso del 31 dicembre: “[…] L’energia è ciò che permette alle nostre società di vivere e progredire. Il complesso lavoro che occorre per passare dalle fonti tradizionali, inquinanti e dannose per salute e ambiente, alle energie rinnovabili, rappresenta la nuova frontiera dei nostri sistemi economici. […]”.

A più di un anno dallo scoppio del conflitto, tutti questi temi sono ancora sul tavolo e, ancor oggi, la guerra non sembra essere vicina a una tregua o ad una soluzione diplomatica.

Le conseguenze economiche su popolazione e imprese del caro energia sono state importanti; i clienti allacciati alle reti di teleriscaldamento a biomassa sono forse gli unici a non aver subito il rincaro della bolletta per il riscaldamento in questa stagione invernale, o ad aver subito incrementi minimi, del 5-10%, a differenza di chi si riscalda con il gas con aumenti tariffari anche oltre il 100% con l’inevitabile conseguenza di numerose lamentele da parte di utenti allacciati a reti di teleriscaldamento alimentate a gas fatte pervenire ad Arera, la quale, su incarico del Governo, ha avviato una indagine conoscitiva  sull’evoluzione dei prezzi e dei costi del servizio del teleriscaldamento, indagine chiusasi con la deliberazione del 2/11/2022 di cui abbiamo provveduto ad informare tutti gli Associati. 

Allo scoppio del conflitto FIPER aveva lanciato tra i suoi associati una campagna di raccolta fondi a favore dei bambini ucraini che ha permesso di raccogliere in tutto 13.375,00 euro, che ora siamo pronti a donare.

 All’assemblea chiedo di aiutarci a scegliere un soggetto a cui erogare il nostro contributo, tra due che abbiamo individuato, molto diversi per dimensioni e forma giuridica: UNCHR, l’alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, senza dubbio garanzia di serietà e trasparenza, oppure l’Associazione Sole Terre, in cui un medico italiano, Roberto Brambilla di Vimercate, sta facendo, dall’inizio del conflitto,  la spola tra Italia e Ucraina per operare i feriti di guerra (tra i quali,

purtroppo, troppi bambini) e insegnare a medici e infermieri ucraini le più avanzate tecniche chirurgiche per la cura delle ferite.

In seguito alle indicazioni che l’assemblea vorrà adottare, procederemo all’erogazione del contributo, tenendovi aggiornati in merito.

Ritornando all’analisi del mercato energetico, il 2022 è stato un anno particolare sul fronte delle fonti rinnovabili.

La crisi energetica, iniziata prima del conflitto ucraino ma da questo acuita, ha spinto molti operatori ed enti pubblici a rivolgersi a FIPER per ottenere pareri in merito alla realizzazione di nuovi impianti e/o alla trasformazione di quelli esistenti da sistemi alimentati a gas verso sistemi a fonti rinnovabili e in particolare a biomasse legnose.

Nel 2022 è stato costantemente intrapreso un intenso lavoro di lobby nazionale ed europea, di monitoraggio legislativo e proposta di modifica e miglioramento dei testi normativi sul piano regionale, nazionale e sovranazionale.

Quest’attività è stata condotta grazie alla collaborazione instauratasi con altre associazioni italiane del settore delle energie rinnovabili e alla partecipazione di FIPER all’interno dell’associazione europea Bioenergy Europe, nel cui direttivo è stata riconfermata lo scorso giugno la nostra dott.ssa Vanessa Gallo.

FIPER ha sempre partecipato attivamente al gruppo di lavoro sull’advocacy e sulla sostenibilità promossi da Bioenergy EU.

Questo intenso lavoro ha avuto un importante riconoscimento un mese fa, quando il trilogo (Parlamento, Consiglio e Commissione) dell’Unione Europea ha recepito, all’interno del processo di revisione della direttiva RED III, buona parte delle osservazioni prodotte dal lavoro congiunto all’interno di queste reti nazionali ed europee, volte a preservare la sostenibilità della filiera bosco-legno-energia e dell’uso a cascata delle biomasse legnose, messe in serio pericolo dalle prime formulazioni della direttiva come proposte in particolare dai Paesi del Nord Europa.

Sul piano della relazione con le istituzioni nazionali, FIPER ha partecipato attivamente a diversi tavoli e incontri istituzionali dedicati, non facendo mai mancare la propria voce a supporto del settore ed anche con numerosi Comunicati Stampa grazie anche alla nuova collaborazione avviata con la Dott.sa Margherita Brambilla, responsabile anche della comunicazione.

Possiamo solo accennare alle tante azioni portate avanti in quest’ambito: abbiamo preso parte a:

  • Gruppo di lavoro sulla filiera del legno del Ministero dell’Agricoltura;
  • Gruppo di Lavoro sulla sostenibilità delle biomasse e sulle garanzie di origine in recepimento della Direttiva RED 2 del Ministero dell’Ambiente;
  • Gruppo di Lavoro sulla misura del PNRR dedicata alla promozione di sistemi di teleriscaldamento efficiente del Ministero dell’Ambiente.
  • Gruppo di Lavoro Regolazione del teleriscaldamento promosso dall’Autorità per l’Energia, Reti e Ambiente.

Quest’ultimo aspetto merita un’attenzione particolare in riferimento all’indagine conoscitiva avviata da ARERA sulla definizione dei prezzi delle tariffe del teleriscaldamento. La posizione di FIPER in linea con la stragrande maggioranza dei Paesi europei riconosce il servizio di teleriscaldamento quale servizio che opera sul libero mercato e quindi in concorrenza con gli altri vettori energetici presenti sui territori montani e le aree interne (gasolio, pellet, legna, gpl). Un cliente allacciato ad una rete di teleriscaldamento a biomassa ha sempre la possibilità di optare per altra tipologia di riscaldamento qualora la ritenga più efficiente ed economica. Pertanto, la definizione della tariffa da parte di ARERA si rivela nella quotidianità del gestore un ulteriore aggravio amministrativo da adempiere.

 I vari gruppi di lavoro stati momenti di confronto importanti in cui FIPER ha avanzato e condiviso le istanze delle imprese associate per favorire fattivamente la filiera bosco-legno-energia.

Si è consolidata l’interazione con il GSE soprattutto per la messa in atto operativa dell’extrapower

A livello regionale, FIPER ha preso parte ad un convegno e ad un incontro formale con il Presidente Fedriga di Regione Friuli-Venezia Giulia per far fronte all’emergenza energetica e al caro bollette e a Gecko Fest 2022 in Umbria sulla Transizione Ecologica organizzato dal Prof. Franco Cotana dell’Università di Perugia, domani relatore al nostro Convegno. Ha inoltre partecipato attivamente al gruppo di lavoro di Regione Lombardia nell’ambito del PREAC.

Nel corso del 2022 è risultato prioritario e fondamentale unire le forze tra le diverse associazioni rappresentanti le biomasse legnose sul territorio nazionale per essere più incisivi nel negoziato europeo sulla Red 3.

Prodotto di questo lavoro sono stati:

  • a novembre l’appello congiunto di Fiper, Aiel, EBS, Elettricità Futura al Ministro Pichetto Fratin affinché si facesse portavoce in Consiglio europeo per l’abrogazione della definizione di biomassa legnosa primaria;
  • la lettera al ministro Lollobrigida per l’importanza della filiera bosco-energia nella messa in atto della Strategia Forestale Nazionale;
  • in apertura d’anno 2023 l’invito a intervenire rivolto al Commissario Gentiloni sempre sulla RED3, nella convinzione che fosse necessario creare una profonda consapevolezza sull’importanza della filiera biomassa-energia per l’economia dei territori montani e delle aree interne.

Un intenso lavoro coordinato e concertato tra le diverse associazioni per sensibilizzare il maggior numero di parlamentari, sottosegretari per salvaguardare e promuovere una fattiva gestione forestale sostenibile.

FIPER è anche prontamente intervenuta, segnalando all’Autorità per la Concorrenza una disparità di trattamento tra aziende del gas e delle biomasse (vedasi Valtellina, Trentino e Valle d’Aosta) ottenendo un totale riconoscimento delle proprie posizioni e contribuendo all’abbandono del progetto di metanizzazione dell’ Alta Valtellina da parte di F2I, fattore che ha di fatto ha aperto le porte al progetto di teleriscaldamento a biomasse legnose dei comuni di Tovo S. Agata, Mazzo di Valtellina e Lovero.

Così, a metà anno 2022, i tre comuni di Tovo, Mazzo e Lovero hanno rotto gli indugi proprio in seguito alla crisi del gas e al conseguente fallimento del progetto di metanizzazione della valle, scegliendo dunque di aderire al progetto europeo BeCOOP e di avviare uno studio di prefattibilità per la realizzazione di un nuovo impianto a biomasse legnose per i loro cittadini e favorendo lo sviluppo delle imprese boschive del territorio ed utilizzando anche gli scarti agricoli dei meleti e vigneti presenti nel territorio.

Grazie alle attività previste e finanziate dal progetto BeCOOP, FIPER ha potuto supportare questi tre comuni  accompagnandoli, grazie anche alla collaborazione con il Politecnico di Milano, in un percorso complicato di analisi dei bisogni e delle potenzialità del territorio, verso una scelta coraggiosa, ma senza dubbio lungimirante, che ora potrebbe entrare nella fase decisiva.

FIPER si è dimostrata un partner di ottimo livello in questo progetto, giocando un ruolo da protagonista in ogni sua fase, dimostrando serietà e professionalità, riconosciutale dai diversi partners, dal coordinatore di progetto e dal valutatore della Commissione Europea nelle riunioni di valutazione e monitoraggio del progetto BeCOOP, due delle quali sono state organizzate proprio da FIPER, a settembre 2022 in Valtellina e a marzo 2023 in Alto Adige (quest’ultima insieme a SEV).

Mi preme infine comunicarvi un altro risultato interessante.

Nel corso del 2022, in chiusura d’anno, FIPER ha avviato una collaborazione con il Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali (ESP) dell’Università di Milano, relazione che va ad aggiungersi alle collaborazioni già in essere con il Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari (DISAFA) dell’Università di Torino e al Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali dell’Università di Milano sul progetto di Regione Lombardia Usefol, focalizzato sullo sviluppo di sistemi innovativi per la valutazione della fornitura di servizi ecosistemici nelle foreste lombarde, e a quella con il Politecnico di Milano per il progetto BeCOOP.

La scelta di FIPER di intensificare il lavoro con le Università si è concretizzata in una serie di lezioni specifiche sulle bioenergie e le biomasse e sul teleriscaldamento tenute dalla Dott.ssa Vanessa Gallo e dalla Prof.ssa Paola Caputo agli studenti di diversi corsi di studio e ha una doppia ragione d’essere: ci permette da un lato di presidiare da vicino le punte più avanzate della ricerca accademico-scientifica nel nostro comparto, dall’altro di entrare in contatto diretto con giovani studenti, che si sono dimostrati molto sensibili e attenti alle tematiche riguardanti le energie rinnovabili e che nel giro di pochi anni diventeranno imprenditori, operatori o professionisti nel nostro settore e di aprire a loro un mondo di conoscenze, quelle della filiera bosco-legno-energia, spesso poco trattato anche dai corsi universitari.

Nel prossimo anno intendiamo proseguire a lavorare sui progetti e con l’intensità di cui vi ho parlato fino ad ora.

Con l’uscita di CMA da Fiper, comunicataci a settembre 2022, FIPER non rappresenterà più impianti di produzione di biogas e potrà dedicarsi in modo più specifico e dettagliato al comparto delle biomasse legnose.

Proprio per questo abbiamo pensato e avviato una campagna di acquisizione nuovi soci, contattando sia operatori di filiera sia gestori di impianti di teleriscaldamento che ancora non sono nostri associati, invitandoli ad entrare in FIPER. Questa campagna, di cui abbiamo messo il materiale in cartellina, ha già prodotto alcune nuove richieste di adesioni; ci auguriamo che nei prossimi mesi altre possano seguire, andando ad aumentare la rappresentatività di FIPER .

Non solo: nel corso dell’Assemblea avremo modo di presentare proposte di intervento della Federazione per il prossimo triennio in linea con l’orientamento europeo segnato dagli obiettivi 2050.

Investire sulla rete e partnership a livello nazionale ed europeo è la strada maestra per incidere maggiormente e farsi portavoce della filiera bosco-legno-energia, quale strumento di sviluppo locale e soprattutto di presidio e gestione del territorio.

Infine, come già discusso in precedenti incontri, per rendere più rispondente alle esigenze attuali ed alle necessità operative future, Vi proponiamo, nel corso della odierna assemblea la trasformazione di FIPER da Associazione non Riconosciuta a Fondazione di Partecipazione – Ente del Terzo Settore (ETS) con conseguente adozione di nuovo testo di Statuto e con conseguente richiesta di iscrizione al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS). 

Come negli anni passati, in conclusione, desidero esprimere i più sentiti ringraziamenti a tutti i membri del Consiglio, ai Collaboratori ed agli Associati per la collaborazione prestata.

Ricordo, infine che nella prossima assemblea annuale 2024 si dovrà provvedere al rinnovo delle cariche sociali di FIPER Ets ed invito quindi, chi interessato, a presentare le proprie candidature.

Resilienza oggi: impariamo dal bosco

Le foreste hanno grandi risorse e capacità di rigenerarsi. A noi il compito di sostenere queste energie e di proteggere i nostri boschi, coltivandoli e pianificando in modo coordinato il loro sviluppo, per avere foreste giovani e forti. Ne abbiamo parlato con il prof. Giorgio Vacchiano – Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali – Produzione, Territorio, Agroenergia – Università degli Studi di Milano

1. Spesso si parla di resilienza per far fronte a questa fase storica turbolenta. Quale insegnamento possiamo trarre dall’ambiente forestale?

Le foreste sono sistemi complessi e interconnessi in cui ogni componente ha un ruolo importante nella salute generale. Ciò significa che quando una parte dell’ecosistema viene danneggiata, le altre parti cercano di adattarsi e compensare il danno. Questo ci insegna l’importanza di costruire una rete di supporto e di interdipendenza nelle nostre comunità, in modo da poter resistere e superare le difficoltà insieme.

In secondo luogo, le foreste hanno la capacità di rigenerarsi e adattarsi alle condizioni mutevoli dell’ambiente. Dopo un incendio, per esempio, l’ecosistema può rigenerarsi a partire dai semi dispersi dalle piante più resistenti o dai ricacci di quelle in grado di germogliare dal proprio ceppo danneggiato, Questo ci insegna che, anche quando le cose sembrano senza speranza, c’è sempre la possibilità di ricostruire e di adattarsi alle nuove circostanze.

Inoltre, le foreste sono in grado di mantenere l’equilibrio e la stabilità attraverso la diversità biologica e la cooperazione tra le specie. Più un ecosistema è ricco di specie e relazioni, più ha la capacità di resistere e reagire alle pressioni esterne, climatiche o di altro tipo. Questo perché una grande diversità di specie e di interazioni tra queste specie crea una rete di relazioni che sostiene l’ecosistema nel suo insieme. Con una grande diversità di specie, ci sono maggiori possibilità che alcune di esse siano in grado di adattarsi a nuove condizioni ambientali, come il cambiamento climatico o le specie invasive, fornendo anche servizi ecosistemici essenziali per la vita umana.

Infine, le foreste ci insegnano che la prevenzione è fondamentale per la resilienza. Se le foreste sono gestite in modo sostenibile e esperto, è possibile prevenire o i danni da incendi, siccità o tempeste di vento, o aumentare la velocità di ripresa del bosco dopo questi eventi. Questo ci insegna che la preparazione e la prevenzione sono fondamentali per mitigare gli effetti negativi delle crisi.

In sintesi, l’ambiente forestale ci insegna che la resilienza dipende dalla costruzione di una rete di supporto, dalla capacità di adattarsi alle nuove circostanze, dalla promozione della diversità e della cooperazione e dalla prevenzione. Questi insegnamenti possono essere applicati per far fronte alle sfide attuali e costruire comunità più resilienti.

 

2. Le foreste forniscono servizi ecosistemici essenziali per il benessere umano: produzione di materia prima rinnovabile, regolazione del clima e della biodiversità, mitigazione del cambiamento climatico e dei pericoli idrogeologici. Quali azioni ritiene prioritarie perché si possa rimettere al centro la gestione forestale quale incubatore di crescita e reddito per l’economia italiana?

Innanzi tutto, è importante investire nella gestione sostenibile delle foreste: la gestione forestale sostenibile è fondamentale per garantire la conservazione della biodiversità e degli ecosistemi forestali. Ciò include pratiche di gestione forestale che mantengono la salute dell’ecosistema, prevenendo le infestazioni di insetti, i danni climatici malattie e gli incendi, e promuovendo la rinnovazione naturale della foresta.

Serve inoltre investire in tecnologie innovative per la gestione forestale: l’utilizzo della selvicoltura di precisione, resa possibile dai sistemi di monitoraggio satellitare o dai modelli computerizzati di simulazione delle dinamiche forestali,  può supportare una pianificazione forestale più estesa ed efficace in un clima che cambia.

Dal punto di vista dell’offerta, gli investimenti richiedono di risolvere alcuni problemi strutturali della filiera forestale: stimolare l’aggregazione fondiaria, migliorare la viabilità e l’accessibilità ai boschi, aumentare il grado di formazione e innovazione tecnologica delle imprese forestali, stimolare i settori economici della prima trasformazione (le segherie) e dei vivai, migliorare e aggregare l’offerta di legname da opera nazionale (contratti di filiera, piattaforme di vendita del legno, concessioni multiannuali di gestione in proprietà pubbliche), qualificare l’offerta mediante la certificazione di gestione forestale sostenibile.

Dal punto di vista della domanda, è necessario rafforzare il lavoro di comunicazione nei confronti dei cittadini e dei consumatori, per diffondere una maggiore attenzione verso la sostenibilità dei prodotti legnosi e energetici acquistati, che include una maggiore valorizzazione del legno di provenienza domestica e una più intensa percezione dell’importanza dell’origine del prodotto forestale e del lavoro necessario a trasformarlo.

Nei confronti dei proprietari ritengo necessario un impegno culturale e tecnico per diffondere la consapevolezza dell’importanza climatica e occupazionale di un uso del legno a cascata, destinando alla produzione energetica solo gli scarti o i residui di lavorazione. 

È necessario promuovere la diversificazione economica: le foreste possono fornire una varietà di prodotti e servizi oltre alla produzione di legname, come i funghi e gli altri prodotti non legnosi, il turismo ecosostenibile e la terapia forestale, le attività ricreative, la protezione dal dissesto e l’assorbimento di carbonio. Riconoscendo ai gestori il giusto valore economico per tutte queste funzioni, troppo spesso ancora date per scontate, le foreste possono diventare un’importante fonte di reddito per le comunità locali e per l’economia nazionale.

Infine, è necessario rafforzare la cooperazione tra le parti interessate: la pianificazione forestale sostenibile deve essere partecipata con i proprietari forestali, i gestori, le comunità locali, i residenti delle comunità rurali e urbane, i cittadini che esprimono vari interessi nei confronti della foresta, e le autorità pubbliche. Rafforzare la cooperazione tra queste parti interessate può migliorare la gestione forestale e prevenire eventuali conflitti.

 

3. può brevemente illustrarci i risultati ottenuti dal progetto Usefol promosso da Regione Lombardia riguardo i crediti di carbonio derivanti dalla gestione forestale sostenibile? In che modo incoraggerebbe i decisori pubblici a pianificare efficacemente la gestione sostenibile delle foreste pubbliche e private.

Gli obiettivi di USEFOL sono promuovere la gestione attiva e sostenibile del patrimonio forestale in Valle Camonica e Valtellina e lo sviluppo di filiere corte basate su un maggiore collegamento e sinergia tra il sistema produttivo e il sistema industriale di trasformazione.

Per tale motivo il progetto USEFOL sta realizzando realizzare un modello di calcolo, integrato con Sistemi Informativi Geografici e con i database disponibili in Regione Lombardia, per fornire informazioni a livello di singola particella forestale in termini di biomassa legnosa prelevabile e di carbonio stoccato, e degli effetti di diverse opzioni di gestione sul bosco, sul legno prodotto e sulla capacità di assorbimento del carbonio, tenendo conto dell’andamento climatico previsto per i prossimi anni.

Prevedere quanto carbonio “aggiuntivo” le foreste dei territori studiati possono immagazzinare come risultato di una gestione ben fatta, e stimare il suo valore economico per aziende interessate a completare il loro percorso si neutralizzazione delle emissioni, potrà darci un’idea di come una gestione dei boschi “climaticamente intelligente” possa generare valore economico e ambientale per tutta la comunità.

 

4. Cambiamento climatico e foreste alpine/appenniniche; che ruolo potrebbero giocare per mitigarlo, anziché subirlo?

In Italia le foreste assorbono oggi dal 5% al 9% delle emissioni annue di CO2. Una cifra modesta, dovuta alla quantità eccessiva di inquinamento climatico di cui siamo responsabili come Paese, ma che rischia addirittura di diminuire a causa degli stress climatici a cui le foreste stesse sono sottoposte (incendi, siccità, danni da vento e insetti). Esistono tuttavia azioni che possiamo intraprendere per diminuire le emissioni dovute a danni climatici e aumentare gli assorbimenti nelle foreste e nei loro prodotti:

Per prima cosa, si dovrebbe estendere la superficie interessata da piani di gestione forestale, l’unico strumento in grado di farci conoscere le caratteristiche dei boschi di un certo territorio, assegnare le rispettive “vocazioni”, prevedere le vulnerabilità e agire per prevenirle

È fondamentale investire in selvicoltura preventiva, cioè una gestione del bosco che renda la foresta meno vulnerabile ai danni climatici modificando, in modo compatibile con l’ambiente, la sua composizione e la sua struttura

Serve inoltre aumentare la durata dei prodotti in legno che ricaviamo dal bosco, in modo da mantenere la CO2 intrappolata a lungo al loro interno e usandoli anche per sostituire materiali più clima-impattanti come il cemento, l’acciaio o la plastica;

Inoltre, è importante utilizzare il legno per produrre energia secondo il principio dell’uso a cascata (solo scarti o residui) e monitorare e prevedere i possibili effetti del cambiamento climatico: il monitoraggio degli effetti del cambiamento climatico sulle foreste (cambiamenti nella crescita degli alberi, nella biodiversità forestale e nella suscettibilità agli incendi) può aiutare a identificare le azioni prioritarie da intraprendere per mitigare gli effetti negativi.

Infine, dobbiamo insistere nel promuovere la biodiversità e la connettività ecologica tra foreste, caratteristiche profondamente associate a una maggiore resistenza e resilienza agli eventi climatici estremi.