6.000 studenti in una scuola sostenibile, riscaldata con energia che viene dal legno

A Cinisello Balsamo, in provincia di Milano, c’è uno dei più grandi istituti comprensivi d’Europa e proprio qui è in atto una riqualificazione che ha nel suo cuore una nuova centrale di teleriscaldamento a cippato. Ma non solo: l’intervento comprende infatti anche il cappotto a tutti gli edifici, tetti verdi, sostituzione dei corpi illuminanti, pannelli fotovoltaici, stalli per la ricarica delle bici elettriche, panchine intelligenti e 6 nuove aule a tema sostenibilità. Promotore e realizzatore di questo intervento è Carbotermo s.p.a.
 
Paolo Giarda, responsabile energie rinovabili di Carbotermo, ci ha raccontato i dettagli di questo intervento. Guarda la video intervista

Lettera aperta ai candidati europei: serve una politica UE per le foreste!

Fiper sottoscrive la lettera aperta proposta da UNCEM per i candidati alle prossime elezioni europei, una lettera che riassume tutto il lavoro e l’impegno che FIPER ha profuso negli ultimi anni per promuovere una sensibilizzazione politica sull’importanza che ci siano presto in Europa (e in Italia) una visione chiara e una legislazione coerente sulle foreste. Conoscere, mappare, pianificare, gestire, promuovere, proteggere, valorizzare le foreste: per farlo serve un’Europa che guidi un nuovo approccio sistemico verso questa grande risorsa troppo spesso dimenticata o marginalizzata dai policy makers.

Leggi la lettera aperta

Michele Colli è il nuovo Presidente di FIPER

Michele Colli, classe 1975, è stato eletto all’unanimità nuovo Presidente di FIPER nell’assemblea dei partecipanti dello scorso 11 aprile. Direttore tecnico di SEM (Società Elettrica in Morbegno), si è formato all’estero e ha scelto di tornare in Italia per perseguire obiettivi di efficienza, innovazione e sinergia con il territorio. Lo abbiamo intervistato negli uffici di Morbegno.

Relazione annuale FIPER 2023

Si è svolta a Padova l’assemblea annuale di Fiper e quest’anno aveva all’ordine del giorno anche il rinnovo delle cariche, che ha visto l’elezione del nuovo Presidente Michele Colli. Ecco la relazione annuale 2023 del Presidente uscente Righini:

Buongiorno e benvenuti, cari Associati, anzi, ora cari Partecipanti!

Questo è infatti il nuovo nome con cui vengono qualificati per Statuto gli aderenti a FIPER da quando si è passati da semplice associazione a Fondazione di Partecipazione Ets (Ente Terzo Settore).

Con questa scelta FIPER Ets è entrata a pieno titolo da settembre 2023, attraverso la registrazione al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS), nel regime degli enti del terzo settore.

Lo statuto di FIPER precedentemente in vigore, approvato alla costituzione in data 23/3/2001 e successivamente aggiornato il 29/3/2009, ha reso possibile l’effettuazione dell’operazione di “trasformazione” la quale produrrà gli effetti di cui all’articolo 2498 del Codice civile: la fondazione conserverà diritti ed obblighi già esistenti e proseguirà in tutti i rapporti, anche processuali, dell’associazione non riconosciuta.

L’iscrizione al RUNTS consente di acquisire la qualifica di Ente del Terzo Settore (ETS) e di beneficiare di agevolazioni, anche di natura fiscale, di accedere al 5 per mille, di avere accesso a contributi pubblici o di stipulare convenzioni con le pubbliche amministrazioni.

Inoltre, l’iscrizione al RUNTS consente di acquisire la personalità giuridica in maniera più snella. In sostanza, i vantaggi più concreti riservati agli ETS riguardano l’aspetto fiscale, in quanto gli enti che non aderiscono saranno assoggettati alla normativa sulle imposte sui redditi, quali enti non commerciali.

Si aggiunga poi che la normativa degli ETS prevede l’emissione di titoli di solidarietà, quali strumenti utili per il finanziamento di attività degli ETS e possono essere fonte di importanti donazioni da parte delle banche che emettono i titoli. Infine, il Registro Unico Nazionale del Terzo Settore diventerà lo strumento di conoscenza degli Enti non Profit.

Alla luce di questo scenario, stante anche l’espresso riconoscimento, operato dal legislatore con l’introduzione dell’art. 42-bis c.c., della possibilità per gli Enti Non Profit di effettuare operazioni straordinarie quali la trasformazione, la fusione o la scissione, la soluzione che è parsa più idonea è stata quella di trasformare FIPER da Associazione non riconosciuta in Fondazione di partecipazione.

Quindi, come detto, la Fondazione non si “distaccherà” definitivamente dalla storica base associativa, che continuerà a controllare e partecipare al perseguimento dello scopo mediante la nomina del Presidente e dei componenti dell’organo amministrativo da parte dei   “Partecipanti”, definendo di fatto le linee di azione da seguire in vista dell’attuazione dello scopo.

In questa forma giuridica l’elemento patrimoniale risulta in ogni caso essenziale: l’ente sorge solo se sussiste il Fondo di dotazione e questo aspetto differenzia la Fondazione da ogni altro istituto di tipo associativo. La fondazione è caratterizzata infine, come in precedenza, da assenza di scopo di lucro.

In contemporanea abbiamo messo in liquidazione il “Consorzio di acquisto FIPER”, eliminando i relativi costi gestionali; le relative incombenze potranno ora essere svolte direttamente da FIPER Ets.

Purtroppo, anche il 2023, dopo l’anno della pandemia e dopo l’anno dello scoppio della guerra russa in Ucraina, ha visto a fine anno i gravi e proditori attentati subiti dalla popolazione di Israele con oltre 1000 morti e con la immediata ed altrettanto pesante reazione, tutt’ora in corso, nei confronti della popolazione palestinese con oltre 30.000 morti.

Questa volta però le conseguenze per noi e nel nostro settore non hanno provocato impennate di prezzi ma anzi nel settore energetico i prezzi delle fonti fossili sono tornate pressoché al 2020, mentre stanno ora aumentando i costi delle biomasse.

 

TARIFFE TELERISCALDAMENTO

Come tutti ben sapete, dopo il significativo incremento dei prezzi del teleriscaldamento registrato a partire dall’ultimo trimestre 2021, per le motivazioni già citate, su mandato del governo, ARERA aveva avviato un’indagine conoscitiva al fine di valutare la congruità a livello nazionale dei prezzi applicati dal servizio di teleriscaldamento.

A seguito chiusura di detta indagine, (Doc. 547/2022 del 02/11/2022) sono emerse criticità all’equità dei prezzi applicati soprattutto nelle reti delle grandi città con utilizzo in particolare di fonti fossili, in primis gas metano.

Di contro, riguardo agli impianti a biomassa da noi gestiti, veniva riportato nell’allegato “A” del documento citato il seguente riscontro: “nelle reti alimentate da impianti a biomassa non ci sono stati impatti significativi dall’incremento della quotazione del gas naturale né sui costi né sui ricavi poiché in questi casi il prezzo, salvo rarissime eccezioni, è definito sulla base dei costi sostenuti per la gestione del servizio ed inoltre veniva ancor meglio specificato ”le reti alimentate a biomassa operano tipicamente in valli montane o aree rurali, spesso non metanizzate: in tali contesti gli operatori per prassi non scelgono il metodo del costo evitato né indicizzano il prezzo al gas”.

Ciò nonostante, ARERA, pur dopo varie relazioni e osservazioni da noi presentate e dopo vari incontri con i suoi rappresentanti a cui è stata dichiarata la nostra massima disponibilità a collaborare, ha adottato la delibera del 28/12/2023 di: “Approvazione del metodo tariffario del teleriscaldamento per il periodo transitorio 1° gennaio 2024 – 31 dicembre 2024, e di avviare ulteriori indagini per la regolamentazione della tariffa dal 1° gennaio 2025.”

Preso purtroppo atto di questo provvedimento che penalizza in molteplici versi gli impianti a biomassa da noi gestiti, che di fatto, come riscontrato dalla stessa ARERA, non solo non avevano praticato aumenti legati al prezzo del gas ma in molti casi avevano ridotto le tariffe stesse, l’unica via a tutela delle nostre posizioni è rimasto il ricorso al Tar della Lombardia.

Il ricorso è stato presentato da quattro nostri associati con intervento ad adiuvandum di FIPER Ets.

La prima udienza si è tenuta in data 20 marzo c.a. con convocazione della prossima udienza di merito al 2 ottobre 2024 previa precedente presentazione di perizie, memorie e repliche delle parti interessate.

Nella stessa data, FIPER Ets è stata convocata da ARERA per iniziare l’esame degli orientamenti per la definizione del metodo tariffario del servizio teleriscaldamento da applicare dal 1° gennaio 2025.

ULTIMAZIONE PROGETTI

Nel corso dell’anno sono giunti al termine due importanti progetti di durata triennale di cui FIPER è stata partner.

In particolare:

  • il progetto europeo con la partecipazione di Spagna, Grecia, Polonia e Italia con finanziamento europeo denominato “BeCOOP”, ha permesso a FIPER di valutare il potenziale di sviluppo di una “comunità dell’energia termica” impiegando biomasse legnose locali attraverso il coinvolgimento dei Comuni di Tovo S. Agata, Mazzo e Lovero in Valtellina in collaborazione con il Politecnico di Milano nella persona della Prof.ssa Ing. Paola Caputo che ringraziamo;
  • il secondo di carattere regionale, “progetto USEFOL”, finanziato da Regione Lombardia, realizzato con le Università di Milano e di Torino con l’obiettivo di identificare modalità innovative per la gestione forestale sostenibile e il calcolo del carbon sink.

Entrambi sono stati per FIPER motivo di crescita sia a livello nazionale che internazionale ed hanno anche rappresentato l’occasione di realizzare campagne di sensibilizzazione sui risultati dei progetti che coinvolgessero il largo pubblico, in particolare il target giovani e famiglie.

A tal fine, Usefol ha prodotto un video divulgativo denominato “La scrivania di larice” in collaborazione con “Compagnia delle Foreste” e la scuola di  “Teatro Pedonale”.  Video apprezzato e tradotto poi in inglese e veicolato a livello europeo attraverso Bioenergy EU.

Ritengo importante ed utile, pure per il futuro, ricercare la partecipazione a nuovi progetti Europei in considerazione anche della nuova veste che FIPER Ets verrà a rivestire. 

P.N.R.R.

A gennaio 2023, a seguito dell’esito positivo della misura M2C3 – investimento 3.1 “promozione di sistemi di teleriscaldamento efficiente” del PNRR, FIPER ha inviato richiesta al ministro Picchetto Fratin di identificare nuove risorse da allocare alla misura per poter finanziare i 60 progetti ammessi al Bando ma non finanziabili per mancanza di risorse. La misura del P.N.R.R. ,infatti, prevedeva un’allocazione di 200 milioni di euro a fronte di una richiesta di contributo di circa 556 milioni di euro.

A maggio abbiamo appreso, dalle interlocuzioni avviate con la Direzione Efficienza Energetica del MASE, che la Commissione Europea, chiamata a notificare le misure del P.N.R.R., non ha riconosciuto i progetti di teleriscaldamento efficiente ammessi al Bando alimentati da fonti fossili.

Anche la Corte dei conti, nell’analisi delle graduatorie predisposte dal Ministero, aveva così osservato :” in particolare lo sviluppo di un teleriscaldamento efficiente non deve utilizzare combustibili fossili quale fonte di calore, ma basarsi soltanto sulla distribuzione del calore generato da fonti rinnovabili, da calore di scarto o cogenerato in impianto ad alte prestazioni.”

Fiper ha proposto quindi richiesta alla Viceministra Gava, per sollecitare il Ministero dalla stessa partecipato, di selezionare i progetti “TLR FER” ammessi in graduatoria ma non finanziati per mancanza di risorse, ed indire nuovo Bando in tempi rapidi per permettere di rispettare i tempi di scadenza previsti dal P.N.R.R..

Nel mese di ottobre il MASE ha provveduto alla revisione degli elenchi e delle graduatorie dei progetti ritenuti ammissibili e finanziabili alla luce delle indicazioni fornite dalla medesima Commissione Europea con la Decisione esecutiva n. 6641 del 29 settembre 2023. Tale revisione ha comportato l’esclusione dalle graduatorie di 15 progetti già ritenuti finanziabili con nuova disponibilità di risorse per circa 106 milioni di euro.

Lo scorrimento delle graduatorie già approvate ha portato al finanziamento di ulteriori 26 progetti, per un importo complessivo pari a circa 67 mln di euro, residuando quindi risorse per circa 38 mln di euro, in relazione ai quali l’Amministrazione avrebbe valutato la possibilità di procedere all’emissione di un nuovo avviso pubblico.

L’interlocuzione con il MASE è continuata nel corso dell’autunno; a novembre la DG Efficienza ci comunicava che entro il 31 dicembre 2023 sarebbe stato redatto il decreto direttoriale per la riallocazione delle risorse ai progetti di teleriscaldamento a fonti rinnovabili. Il 18 dicembre 2023 è stato pubblicato nuovo decreto direttoriale n.00085 del MASE in cui sono state modificate le graduatorie e ammessi e finanziati i progetti di TLR a fonti rinnovabili, tra cui alcuni presentati da nostri associati.

CAMPAGNA FIPER PRO UCRAINA

Come ricorderete nel corso dell’assemblea annuale dello scorso anno, tenutasi a Bolzano, venne deciso a chi donare quanto raccolto da FIPER a favore dei bambini ucraini.

 Nel mese di maggio FIPER ha consegnato all’Associazione Soleterre 13.500 euro derivanti dalla raccolta fondi effettuata presso gli associati per il progetto “Unbroken kids” per contribuire alla realizzazione di un centro di riabilitazione fisica e psicologica per i bambini con traumi e ferite derivanti dalla guerra in Ucraina presso l’Ospedale Saint Nicholas di Leopoli.

L’incontro è stato un momento di forte commozione; abbiamo appreso direttamente dalla Direttrice dell’ospedale collegata via web e dal dott. Brambilla, che segue costantemente e di persona i bambini ricoverati e attraverso la testimonianza di bambini e ragazzi vittime del conflitto in atto, gli effetti devastanti e atroci di questa guerra.

ATTIVITA’  DI LOBBY

A livello Europeo, l’apporto di FIPER Ets, seguito in particolare dalla nostra Dott.ssa Gallo, in coordinamento con le altre associazioni aderenti a Bioenergy EU è stato fondamentale per la revisione della definizione di biomassa primaria inserita nella RED 3 e la delega agli Stati Membri per la messa in atto delle Strategie forestali Nazionali.

Il traguardo della RED è ambizioso: le rinnovabili dovranno raggiungere il 45% dei consumi finali di energia al 2030, contro l’attuale traguardo del 32%.

FIPER Ets è impegnata nel monitorare e fornire il proprio contributo nelle consultazioni relative al recepimento della Direttiva RED 3 e agli ultimi provvedimenti afferenti alla RED 2 tra cui l’introduzione delle garanzie d’origine termiche, la revisione dei target del PNIEC, la definizione dei prezzi minimi per l’energia e il FER 2.

Riguardo alle garanzie d’origine termiche, il MASE ha avviato la consultazione fino al 15 gennaio 2024 con l’obiettivo di incrementare l’energia termica rinnovabile. Una grande opportunità per il teleriscaldamento rinnovabile e in particolare a biomassa.

Tra le novità dell’ultima parte del 2023, è da segnalare la partecipazione di FIPER Ets al Cluster legno del MASAF, a cui partecipano fra altri CNR, diverse Università italiane, Aiel, Federlegno, PEFC ed il cui lavoro è già iniziato sulla gestione e manutenzione della foresta urbana sotto la Presidenza del Dott .Davide Petennella presente domani al Convegno.

“Fare sistema insieme!” è la sfida del cluster portavoce degli stakeholder attivi dell’economia del legno e della promozione del made in Italy ad essa correlata.

In ultimo, ma non di meno importanza, FIPER Ets ha sostenuto la stesura e la diffusione ancora in atto di due Manifesti fondamentali: il Manifesto delle bioenergie redatto da Bioenergy Europe in previsione delle prossime elezioni europee (del quale parleremo domani all’Orto Botanico) e il Manifesto per una selvicoltura più vicina alla natura promosso dalla rivista Sherwood.  

Sono due documenti che hanno l’intento di promuovere una più diffusa cultura sulla filiera bosco-legno-energia e sensibilizzare i decisori politici sull’importanza strategica di investire sull’economia del legno.

Vi informiamo infine che, come da incontri recentemente avuti, sia Regione Lombardia che Regione Piemonte stanno definendo criteri e modalità per proporre, entro la veniente stagione estiva,   bandi di finanziamento per nuovi impianti di teleriscaldamento a biomassa ed ampliamento reti esistenti. La provincia di Bolzano ha già invece approvato a fine 2023 delibera di: Approvazione dei criteri per la concessione di contributi per l’incentivazione dell’ampliamento degli impianti di produzione di sistemi di teleriscaldamento esistenti.

Allo stesso tempo, anche il GSE ha predisposto un documento di consultazione pubblica denominato:” Aggiornamento della disciplina per l’incentivazione di interventi di piccole dimensioni per l’incremento dell’efficienza energetica e per la produzione di energia termica da fonti rinnovabili- Conto termico 3.0” a cui dovremo far pervenire le nostre osservazioni.

Mi pare che, dopo un periodo di calma piatta, per i partecipanti FIPER Ets si stiano aprendo nuovi spazi di sviluppo che ritengo opportuno non trascurare ma utilizzare questo lasso di tempo per predisporre eventuali richieste di nuovi finanziamenti.

 

SALUTI

Concludo questa mia ultima relazione all’assemblea  annuale di FIPER Ets, dopo ben 23 anni di Presidenza, iniziata nel lontano 2001 con gli allora “giovani amici”  Pietro Giorgio per la Società SEA di Aosta, Carlo Betta  di Bioenergia Fiemme, Carlo Enrico Roggiero di Ecotermica Piemontese, Enrico Poma di Calore Verde con il Sindaco di Ormea Giorgio Ferraris ed il sottoscritto per la società TCVVV della Valtellina.

Partiti in sordina con sei impianti di teleriscaldamento, il primo grosso problema che dovemmo affrontare e risolvere fu il recupero del “credito d’imposta” che le nostre società andavano a maturare ma che a livello di ministero nessuno sapeva ai tempi come gestire.

A seguito alla risoluzione di questo gravoso problema, a fine 2003, grazie anche alla collaborazione con l’amico Giacomo Frenademetz di La Villa, che aveva seguito sin dall’inizio la costituzione dell’associazione, il Consorzio Biomassa Alto Adige, di cui anche allora il Presidente era Hanspeter Fuchs,  decise di aderire a FIPER con tutti i suoi associati.

Da allora FIPER ha continuato via via ad allargare la propria base associativa sia con l’adesione di piccoli impianti sia anche con società di importanza a livello regionale e/o nazionale. In seguito, è stata decisa la partecipazione a FIPER anche ad operatori di filiera al fine di permettere ed agevolare l’incontro fra i produttori e i consumatori di biomassa.

Ad oggi FIPER Ets supera la quota “100”  fra impianti di teleriscaldamento ed operatori di filiera associati. Sono stati lunghi anni di intenso ed impegnativo lavoro che hanno però portato, pur superando notevoli ostacoli che al tempo parevano insormontabili, e nel rispetto dei rispettivi ruoli, ai risultati ed ai buoni rapporti con le istituzioni e altre associazioni.

Colgo pertanto in queste circostanza, con un po’ di commozione e di emozione, e sicuramente in seguito con nostalgia, l’occasione per porgere i più sentiti ringraziamenti al Vicepresidente Hanspeter Fuchs, a tutti i consiglieri dell’attuale cda, a tutti gli Associati ed ai collaboratori, i miei più sentiti ringraziamenti per il sostegno prestatomi e per la grande fiducia accordatami in tutti questi anni.

La vostra importante e sempre leale collaborazione ha permesso a FIPER Ets il raggiungimento dei risultati di cui accennato.

Desidero infine augurare al nuovo Presidente ed al nuovo cda, i miei migliori auguri per il futuro di FIPER Ets, non facendo mai mancare, in caso di necessità, il mio supporto e la mia vicinanza.

Guarda il video di 23 anni di Fiper:

Manifesto per una selvicoltura più vicina alla Natura

Il 21 marzo è la giornata internazionale delle foreste e FIPER ha voluto dedicare una newsletter speciale a questa giornata, promuovendo la diffusione del “Manifesto per una selvicoltura più vicina alla Natura”. Ce ne parla Paolo Mori, di Compagnia delle Foreste.

1. Che cos’è Sherwood e di cosa si occupa?

Sherwood – Foreste ed Alberi Oggi nel 1995 era solo un periodico cartaceo di informazione forestale prodotto da Compagnia delle Foreste. Con il passare degli anni però il sistema di informazione, aggiornamento e comunicazione intorno alla rivista si è molto diversificato, al punto che oggi può essere considerato una sorta di “ecosistema multimediale”. I vari prodotti che sono stati sviluppati attorno alla rivista, infatti, comunicano tra di loro e con la rivista stessa, creando scambi e sinergie che rendono Sherwood un sistema capace di usare la carta, il digitale e la comunicazione personale, intrecciando articoli cartacei, newsletter, sito web, video, podcast, seminari, convegni, social, webinar e altro ancora.

I temi che trattiamo si riferiscono a tutto ciò che concerne alberi e foreste; non tanto e non solo per quanto riguarda la loro conoscenza scientifica, ma anche per le tecniche e le strategie di gestione che la specie umana può mettere in campo per trarne beneficio per le generazioni presenti e future.

2. Quando e perché nasce l’esigenza di un Manifesto per una selvicoltura più vicina alla natura?

Negli ultimi anni in Italia sono stati fatti molti passi in avanti nei campi della governance, della normativa, della raccolta dati, della comunicazione, dell’associazionismo e dello sviluppo di filiere nazionali del legno. Manca tuttavia un adeguamento dell’operatività quotidiana. Si percepisce una notevole distanza tra “selvicoltura predicata” nei documenti internazionali e nazionali, nei risultati delle attività di ricerca così come nelle pratiche innovative testate e proposte attraverso progetti europei e “selvicoltura praticata” nella gestione ordinaria del patrimonio forestale.

Non è una novità di questi anni il ritardo della selvicoltura praticata rispetto a quella predicata. È normale che tra la conoscenza più avanzata e quella che poi viene tradotta in azioni sul territorio ci sia una certa distanza. Il fatto che ci ha spinto a produrre il Manifesto è la diffusa mancanza di una cultura dell’aggiornamento costante degli attori della gestione forestale. Senza un sistema che promuova e si organizzi per un costante aggiornamento culturale, l’operatività non ha la capacità di recepire l’innovazione, trasformarla in possibilità di agire e quindi di adattarsi ai nuovi bisogni delle persone, delle associazioni, delle imprese e… ai nuovi scenari climatici e ambientali.

La selvicoltura che viene praticata nel patrimonio forestale italiano non dipende da una sola categoria di operatori, ma da un ampio insieme di soggetti che devono lavorare insieme; ognuno con il proprio ruolo e le proprie competenze. Si parte da chi forma tecnici e operatori per passare ai legislatori, ai tecnici pubblici, ai liberi professionisti, agli imprenditori, agli addetti al controllo fino a chi si occupa di monitoraggio, informazione e comunicazione. Tutti devono avere la cultura dell’aggiornamento e la capacità di tradurla in scelte coerenti e consapevoli, finalizzate a soddisfare, con il minor impatto possibile sull’ambiente, le esigenze di ogni categoria di persone. Se anche una sola categoria non si aggiorna culturalmente, tutte le altre ne subiranno le conseguenze e il sistema non sarà in grado di progredire.

Partendo da queste considerazioni e prendendo spunto dall’invito dell’Unione Europea ad applicare le Linee Guida per una gestione forestale “più vicina alla Natura”, si è proposto un Manifesto che indica 10 ambiti in cui è necessario intervenire culturalmente per avere, come conseguenza, una selvicoltura praticata quanto più possibile vicina sia alle nuove conoscenze acquisite, sia alle nuove esigenze espresse dalla società.

3. Come si è evoluta la selvicoltura in Italia dal dopoguerra ad oggi?

Questo è un tema troppo ampio per riuscire a rispondere esaurientemente con la sintesi che richiede un’intervista. Quello che si può affermare è che c’è sicuramente stata un’evoluzione; più in area alpina che in area appenninica. L’evoluzione però è stata generalmente modesta e, se si escludono poche regioni un po’ più avanzate, è stata molto più lenta di quanto invece sia stata rapida la richiesta di nuovi servizi da parte della società che si rivolge al bosco per soddisfare proprie esigenze materiali e/o immateriali. Gli studiosi e i tecnici che hanno redatto i documenti internazionali e nazionali di indirizzo della gestione del bosco hanno recepito il mutare delle condizioni socio-economiche in atto. Chi opera sul territorio però, spesso, non ha gli strumenti normativi, tecnici o finanziari per adeguarsi in tempi sufficientemente rapidi. Ecco perché serve stimolare l’attenzione sullo scollamento tra selvicoltura “predicata” e selvicoltura “praticata”.

4. Il Manifesto parla di una nuova selvi-cultura. Cosa dovrebbe cambiare in Italia per fare un passo avanti nella direzione auspicata dalla Commissione Europea?

Il Consiglio Editoriale e la Redazione della rivista “Sherwood – Foreste ed Alberi oggi”, così come i 21 importanti soggetti del mondo forestale e ambientale che hanno sottoscritto il Manifesto, hanno ritenuto che, per promuovere una gestione forestale “più vicina alla Natura”, innovativa e capace di generare servizi ecosistemici impattando il meno possibile su habitat, specie, suolo e paesaggio, occorra incrementare la qualità degli interventi selvicolturali, e per ottenere ciò dovranno crescere le conoscenze e le sensibilità di tutti gli attori che operano in questo ambito specifico. In altri termini se si è veramente determinati ad avvicinarsi a tali obiettivi, anche nella pratica e non solo nei documenti d’intenti, è necessario avere più “selvi-CULTURA”. Solo dopo sarà possibile agire con coerenza e, auspicabilmente, in sinergia, per modificare norme, procedure, competenze, operatività e controllo, così da avvicinare ciò che si auspica a ciò che realmente si fa sul territorio.

5. Quali sono i punti più importanti del Manifesto?

Il manifesto individua 10 ambiti in cui dovrebbero esserci dei cambiamenti affinché la distanza tra selvicoltura “predicata” e selvicoltura “praticata” sono:

La ricerca in selvicoltura e gestione forestale per le quali l’Italia investe poco e quel poco in lavori specifici, locali e di breve durata, mentre mancano studi ampi e di lungo periodo.

La pianificazione che dall’ultimo Rapporto sullo stato delle Foreste italiano (RaF Italia 2017-2018) risulta effettuata solo sul 18% della superficie nazionale e non sempre applicata.

La progettazione degli interventi in bosco che in una consistente parte delle foreste, soprattutto appenniniche, è lasciata in mano alle sole imprese boschive invece che affidata a tecnici forestali.

La normativa di Regioni e Province Autonome che, oltre a recepire e incentivare ciò che è auspicato nel punto precedente, è necessario sia capace di recepire le mutate esigenze socio-economiche così come le innovazioni portate dalla ricerca e dalla sperimentazione.

La formazione dei tecnici, che dovrebbe non solo recepire e trasferire agli studenti tutte le più recenti innovazioni in questa materia, avvalendosi anche di collaborazioni con esponenti del mondo professionale, ma dovrebbe continuare con un regolare aggiornamento nell’arco di tutta la vita lavorativa. 

La politica nazionale e locale, che può sostenere una selvicoltura più vicina alla Natura attraverso finanziamenti, sgravi e aiuti mirati, per permettere di realizzare gli interventi selvicolturali necessari anche laddove la redditività è bassa o nulla.

Le filiere dei prodotti e dei servizi ecosistemici, che possono sostenere una selvicoltura più vicina alla natura sia attraverso la valorizzazione degli assortimenti legnosi più adatti alla produzione di manufatti durevoli, in una logica di “approccio s cascata”, sia attraverso lo sviluppo di nuovi e più ampi mercati per i servizi che il mercato è disposto a pagare.

Il controllo che, per nuove forme di gestione più vicina alla natura, ha la necessità aggiornarsi periodicamente, in modo da evitare un approccio unicamente repressivo e rigidamente ancorato alle forme tradizionali e da avvicinarsi anche a forme di accompagnamento degli addetti ai lavori verso interventi selvicolturali più in linea con le innovazioni prodotte da ricerca e sperimentazione.

Le imprese e gli operatori forestali per i quali, dopo il progetto nazionale For-Italy, incentrato soprattutto su sicurezza e operatività. occorre continuare a investire in una formazione che punti anche a far conoscere il valore ecologico, sociale e culturale dei boschi, ill funzionamento delle filiere forestali e quello dei servizi ecosistemici, così come le normative di riferimento.

La comunicazione per la quale la selvicoltura deve entrare sempre più spesso all’interno di una nuova narrazione del bosco, lontana da stereotipi e inutili retoriche, ma piuttosto in un’ottica di sostenibilità ecologica, sociale, economica e di mitigazione e adattamento alla crisi climatica.    

6. Il Manifesto è stato sottoscritto da diverse realtà del settore. Ora cosa succede? Quale percorso e quale strategia avete immaginato per diffonderne i contenuti e farli diventare realtà?

Ci aspettiamo che la condivisione da parte di tanti soggetti importanti li veda partecipi e impegnati a diffonderlo verso i propri referenti e i soggetti che hanno realmente la possibilità di cambiare anche solo una piccola parte di quanto auspicato nel Manifesto. Dal 21 di marzo, giornata mondiale delle foreste, sarà reso pubblico e aperto non solo ad eventuali altre sottoscrizioni, ma anche a correzioni e integrazioni che valuteremo assieme a tutti i sottoscrittori.

Contiamo entro giugno di chiudere questa fase e di invitare chi condivide il manifesto a passare dalla sottoscrizione a all’“adozione”. In altre parole, vorremmo che ognuno, per la sue parte, si impegnasse a dare seguito ad almeno uno dei 10 punti di cui è composto il Manifesto. Noi di Compagnia delle Foreste, attraverso tutto l’ecosistema di strumenti media connessi a “Sherwood – Foreste ed Alberi Oggi” ci impegneremo sicuramente a sviluppare il punto sulla comunicazione, cercando la collaborazione e la sinergia con quanti si occupano di questo tema.

Non ci aspettiamo cambiamenti rapidi, ma con la pazienza di chi gestisce gli ecosistemi forestali, lavoreremo per un lento ma costante avvicinamento delle pratiche selvicolturali, e più in generale della gestione forestale, alle dinamiche naturali.

Per consultare il Manifesto:

Donne che amano e proteggono le foreste

Nel vasto teatro della lotta contro la deforestazione e per la preservazione del nostro pianeta, le donne sono sempre più protagoniste. Attraverso il loro impegno, coraggio e dedizione, stanno cambiando il mondo, un albero alla volta, nelle diverse regioni del globo intero e in Italia.

Donne e foreste è un binomio che sempre più spesso va a braccetto: se una volta si pensava che il settore forestale fosse “cosa da maschi”, oggi molte condizioni sono cambiate e sono tanti gli ambiti nei quali si sta affermando la presenza femminile.

In occasione della Giornata Internazionale della donna, FIPER intende rendere omaggio a tutte le donne che proteggono le foreste e il loro ecosistema, attraverso la storia esemplare di alcune di loro che ne hanno fatto la loro ragione di vita.

Wangari Maathai: La Signora degli Alberi

Wangari Maathai, la prima donna africana a vincere il Premio Nobel, ha dedicato la sua vita alla causa ambientale e ai diritti delle donne. Fondatrice del Green Belt Movement, un movimento no-profit costituito da donne provenienti da aree rurali, Maathai ha piantato oltre 40 milioni di alberi per combattere il disboscamento in Kenya. Nel 2004, il suo impegno le ha meritato il Nobel per la pace, rendendola la prima africana, la prima keniota e la prima ambientalista a ricevere questo prestigioso riconoscimento. Maathai non solo ha insegnato alle donne a piantare alberi indigeni, ma ha anche combattuto per i diritti delle donne contro il regime di Arap Moi. La sua eredità continua a crescere: 51 milioni di alberi piantati in Kenya e 30.000 donne formate in attività come la silvicoltura e l’apicoltura, garantendo reddito e preservando le risorse e la diversità degli ecosistemi.

L’alleanza delle donne Amazzoniche

Nel 2016, in occasione della Giornata internazionale della donna, è nata l’Alleanza delle Donne Amazzoniche, donne di sette etnie indigene : Kichwa, Sápara, Shiwiar, Shuar, Achuar, Andoa e Waorani. 

le donne che difendono l’Amazzonia, finalmente unite, da quel momento hanno iniziato a mobilitarsi insieme in difesa dei loro diritti, delle foreste pluviali e delle generazioni future. Sotto la bandiera delle “Donne difensore dell’Amazzonia contro l’estrazione di risorse naturali” nel 2018 tra marce e proteste hanno denunciato le violazioni dei diritti, l’impatto ambientale dell’estrattivismo e il clima generale di violenza che l’industria ha generato in Amazzonia.

Le donne che difendono l’Amazzonia in Ecuador sono le più numerose e le più battagliere. Ce ne sono moltissime, ne citiamo tre particolarmente determinate:

  • Miriam Cisneros, Presidente della regione di Sarayaku dal 2017, è stata la protagonista dello storico confronto faccia a faccia con Moreno. È una tra le più determinate donne che difendono l’Amazzonia.
  • Nema Ushigua, la prima presidente donna di nazionalità Sápara, ha ottenuto il riconoscimento del governo per la federazione dei Sápara, un popolo di meno di 500 abitanti di un territorio gravemente minacciato dall’estrattivismo. I Sápara sono riconosciuti dall’UNESCO come Patrimonio Culturale Immateriale.
  • Patricia Gualinga, la leader Kichwa nota per la sua partecipazione allo storico processo “Sarayaku contro Ecuador”, in cui la Corte Interamericana dei Diritti Umani si è pronunciata a favore del diritto di consultazione dei Kichwas sui progetti industriali nelle loro terre. Paty Gualinga è portavoce delle popolazioni Amazzoniche in summit internazionali -come la COP 23 in Germania nel 2018- in cui promuove la visione della “Foresta vivente” di Kawsak Sacha. Nel 2019 ha preso parte al Sinodo per l’Amazzonia convocato da Papa Francesco in Vaticano di cui ha curato anche i lavori preparatori ed è stata designata come inviata speciale per il dopo Sinodo[1]

In Italia

In Italia il binomio donne e foreste fa emergere immediatamente e senza ombra di dubbio due nomi: Maria Rita Gallozzi e Alessandra Stefani, che abbiamo intervistato nelle newsletter di settembre 2022 e settembre 2023, che vi invitiamo a rileggere.

Nella Giornata Internazionale della donna, citiamo anche l’impegno di altre due donne italiane che vivono nelle e per le foreste: Forest Paola, (questo il suo nome sui social), dove conta un buon numero di follower. 48 anni, vero nome Paola Barducci, fiorentina trapiantata da oltre vent’anni nella valle dei Mòcheni in Trentino, è una dottoressa forestale e con il marito e una collega (anche loro dottori forestali) opera in uno studio professionale che si occupa di pianificazione forestale e affianca al suo lavoro nei boschi l’impegno divulgativo effettuato attraverso Instagram.

Tiziana Stangoni è una forestale lombarda che lavora ogni giorno nelle nostre foreste e si impegna per la loro valorizzazione e protezione, attraverso una migliore e accurata pianificazione forestale e il rilancio dei territori montani grazie al recupero e alla valorizzazione della cultura e della storia del lavoro nei boschi e delle comunità che attorno ad essi vivono. Un lavoro prezioso e coraggioso portato avanti quotidianamente con la fermezza e la consapevolezza di una donna che ha a cuore il futuro del Pianeta che lasceremo in eredità alle generazioni future.

[1] Fonte: https://www.ildigitale.it/donne-che-difendono-amazzonia-rischiando-vita/

Proteggere e promuovere la montagna

Intervista al Presidente di UNCEM Marco Bussone

1. UNCEM, di cui Lei è Presidente, è l’Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani. Cos’è esattamente e a cosa serve? Perché è necessaria una realtà che mantenga un focus sui comuni montani in Italia?

Uncem è nata nel 1953 come organizzazione di rappresentanza, sindacale e di dialogo tra territori, Enti, Istituzioni, in particolare Governo e Parlamento. Al centro vi sono stati sempre obiettivi di valorizzazione territoriale e valorizzazione della montagna. Va ricordato che le aree montane italiane rappresentano il 54% della superficie italiana. Ma se togliamo le aree metropolitane, le “cento grandi città” del Paese, i capoluoghi, arriviamo all’83% di territori rurali, montani, interni, a bassa densità di popolazione. Uncem guarda a questo enorme spazio, spesso poco rappresentato e preso in considerazione dalla politica. Nell’area alpina e appenninica vivono oltre 6 milioni di persone e arriviamo al 15% di PIL del Paese. Le aree montane hanno nell’articolo 44 della Costituzione, secondo comma, un punto fermo, e proprio la Carta Costituzionale prevede misure specifiche che la legge deve mettere in campo. Dalla prima legge del 1952 sulle aree montane arriviamo fino alla legge 97 del 1994, l’ultima interamente dedicata alla montagna. Poi ci sono diverse Regioni italiane che hanno specifiche leggi, con investimenti e stanziamenti economici annuali. Da diversi anni, Governi e Parlamenti provano a montare una nuova legge nazionale sulla montagna, ancora senza risultati. Negli ultimi 15 anni, molteplici regioni hanno smontato il sistema istituzionale che contava, fino al 2010 circa 350 Comunità montane. In molte Regioni sono state trasformare in “Unioni montane di Comuni” puntando su due necessità parallele e intrecciate: riorganizzare i servizi pubblici e garantire politiche di sviluppo sociale ed economiche ai territori.

2. Le foreste possono rappresentare una risorsa per i comuni di montagna. Qual è la situazione attuale delle foreste nei comuni montani italiani?

Frammentazione fondiaria e aumento delle superfici forestali sono collegati in modo circolare con la diminuzione delle persone che vivono sui territori montani. Più che di “abbandono” della montagna, tendo a dire che nei Comuni montani “si muore di più e si nasce bene”. L’attenzione degli ultimi dieci anni sulle foreste, culturale e anche istituzionale, oggi ha bisogno di fare passi in avanti per dire come si aumentano benefici e valore dei lavori in bosco, si dà un beneficio ai proprietari forestali spinti ad associarsi, si realizzano efficaci piani forestali per le proprietà pubbliche e anche per quelle private. Da tempo chiediamo allo Stato, al Parlamento di iniziare a lavorare su una ricomposizione fondiaria. Vale lo stesso tema per i Comuni: se gli Enti sono in una logica dell’IO, campanilisti e municipalisti, pensando di bastare a se stessi, non si va lontano. Così per le superfici forestali. Abbandono, aumento del bosco d’invasione, riduzione della popolazione e delle imprese sono fattori collegati che già hanno antidoti da sperimentare all’interno della Strategia forestale nazionale. Oltre a questo, le Regioni, che hanno competenza sulle foreste e sulla montagna, devono fare e investire di più. Non è accettabile che solo un terzo abbiano uniformato le leggi regionali al TUFF e solo cinque abbiano una legge regionale sulla montagna. Occorre un’azione anche dal centro, per interventi concreti e non occasionali.

3. Come secondo lei, si può lavorare per far sì che si ingeneri un processo di economia circolare e sostenibile che coinvolga foreste, sviluppo economico e protezione dell’ambiente?

Vi sono molti esempi di questo trinomio, concreti. Penso all’Alto Adige, da Bressanone a Vipiteno dove questo sviluppo, anche con i beni ambientali come le foreste valorizzati, e protezione ambientale si realizza. O ancora il Primiero. E poi altre zone del Paese, Alpi e Appennino. Dove i Comuni insieme, non da soli, lavorano con imprese, terzo settore, scuole. Allargano il campo. E dunque realizzano di fatto Strategie di green community nelle quali molto crediamo. Uomo e natura stanno insieme garantendo sviluppo, valorizzazione dei versanti, investimenti. Affrontano le transizioni economica, ambientale, energetica, digitale, e pure la crisi demografica. La lettura congiunta, come avviene nelle green communities, di molteplici ambiti dell’azione pubblica e politica, visti integrati e connessi, è la sola possibile. Senza escludere fasce di popolazione. Il focus è la comunità. Dunque le persone. Che impegnano anche del loro tempo per condividere le strategie e le opportunità. Si sentono parte di un percorso. Gli esempi non mancano. Dagli esempi si devono rafforzare le politiche, che già comunque esistono.

4. Quale ruolo giocano in questo processo le regioni, il Governo centrale e l’Europa? Cosa chiede UNCEM a questi soggetti politici?

Di solito si chiedono sempre soldi, investimenti, incentivi. Ho sperimentato che prima di tutto alla politica occorre chiedere politiche, scelte e visioni. Da definire insieme nel dialogo. La Strategia delle aree interne, la Strategia delle green Communities sono questo. Hanno certamente risorse economiche a disposizione, ma non senza una precisa destinazione e degli obiettivi. Non sono per qualcuno, sono per tutti. Stanno nel green new deal europeo, lo hanno anticipato, dicono che non si può tagliare fuori chi sta peggio e sorreggono quanti potrebbero entrare in sofferenza nel cambiamento. Non è mero assistenzialismo: quando la montagna lo ha avuto, o almeno qualcuno lo aveva offerto dal centro per far star bravi i territori “periferici”, lo abbiamo respinto. Il diritto allo sviluppo va riconosciuto a tutti. E la politica deve mettere le condizioni per garantirlo. Penso a una più efficace spesa di fondi europei, che va guidata con Commissione, Parlamento UE, Regioni, Governo. Meno studi, più attuazione delle ricerche che insieme alle università e alle imprese facciamo. Concretezza nella visione. Senza negare che i cambiamenti climatici ci sono e sono gravi, fortissimi per le zone montane chiamate totalmente a ripensarsi.

5. Che futuro vede per le montagne italiane e i cittadini che vi vivono?

La crisi climatica ha anche come conseguenza il ricollocamento di aree di fondovalle e di mediavalle, nelle Alpi e negli Appennino. Dire che si vive meglio, in questi contesti, va accompagnato da una serie di impegni delle Regioni e degli Enti locali. Per consentire a chi ci vive e chi ci andrà a vivere di avere adeguati servizi. Scuole, trasporti, sanità in primis. Durante la pandemia tanti hanno creduto in una fantomatica corsa ai borghi e alla montagna. Tutta illusione di alcuni. Di certo, si è capito che anche la città deve ripensare i suoi spazi, meno angusti e più verdi. La montagna e i paesi che lezione hanno appreso? Che sono sì accoglienti con piani di aggiornamento dei servizi fatti dagli Enti locali, nuove forme di abitare, comunità che sono vive e dunque capaci di includere. Comuni insieme, sempre. Non vuol dire cancellare o fondere i piccoli Comuni. Significa che gli Enti, i Comuni grandi e piccoli lungo una valle imparano a lavorare insieme. Come avviene da sempre in Francia e in Germania. Anche sulle energie rinnovabili e sulle foreste. Così come sulla fiscalità, sulla pianificazione. C’è molto lavoro da fare. La popolazione diminuisce più in montagna e nelle zone rurali che nelle zone urbane. Ma la sfida è creare link, legami, patti tra territori, interazioni.

6. UNCEM ha incontrato il Presidente Mattarella lo scorso dicembre e a tale proposito avete scritto che “La montagna trova nelle parole del Presidente la forza per essere viva”. Quali concetti ha espresso il Presidente Mattarella?

Quello che mi ha sempre colpito del Presidente Mattarella è la sua costante attenzione ai territori, ai Sindaci, alle comunità, agli imprenditori, agli artigiani… guardando e valorizzando il piccolo e il poco evidente che emerge per dare messaggi forti, di impatto istituzionale, che sono anche monito per noi stessi, per tutta la Politica. Ha parlato di fiscalità, di Enti, di governo e tutela della montagna, di nuovi abitanti, di luoghi.  Non è facile per la montagna essere viva. Voglio dire che è facile, in particolare per chi amministra Comuni o chi ci vive e lavora, sentirsi abbandonati, con lo Stato lontano, con pochi servizi, con minori opportunità rispetto alle città. Invece il Capo dello Stato ci dice che la montagna per l’Italia è importante, non è residuale, non è mera appendice di un quartiere urbano, non è solo luogo ludico-sportivo. È importante pezzo del Paese. Dà forza a chi ci crede, Uncem è tra questi, ma non è sola. Chiede alle Istituzioni di fare sforzi per migliorare quel territorio, per dare opportunità e soluzioni. Ecco che quelle parole – come poi quelle del Papa il 20 gennaio – sono una luce in mezzo a tante fragilità della contemporaneità. Ci aiutano a non perdere la bussola.

Si apre un nuovo anno: opportunità e sfide per Fiper nel 2024

Editoriale di Walter Righini, presidente FIPER 

Il 2023 si è chiuso con Fiper impegnata su diverse partite, alcune concluse, altre ancora oggi aperte, sulle quali lavoreremo e ci impegneremo ancor di più nel 2024.

Il primo semestre del ’23 ha visto l’evoluzione di FIPER da associazione, a Fondazione di Partecipazione ETS, entrando così a pieno titolo nel regime degli enti del terzo settore. Una scelta consapevole per il ruolo e gli obiettivi che la Fondazione si è posta nel medio-lungo periodo nel promuovere fattivamente la transizione ecologica, attraverso la promozione della filiera biomassa-energia e l’efficienza energetica presso i consumatori finali.

Non solo rispetto dell’ambiente: FIPER non dimentica la responsabilità sociale e ha proseguito, dopo la donazione effettuata a Giugno, la collaborazione con Soleterre anche a Natale, per sostenere il progetto di costruzione di un ospedale a Leopoli per i bambini ucraini vittime di guerra.

Nel secondo semestre invece sono giunti al termine due importanti progetti di cui FIPER era partner. In particolare: il progetto europeo denominato “BeCOOP”, che ha permesso a FIPER di valutare il potenziale di sviluppo di una comunità dell’energia termica impiegando biomasse legnose locali attraverso il coinvolgimento dei Comuni di Tovo S. Agata, Mazzo e Lovero in Valtellina in collaborazione con il Politecnico di Milano; il secondo di carattere regionale, il progetto USEFOL, finanziato da Regione Lombardia, realizzato con le Università di Milano e di Torino con l’obiettivo di identificare modalità innovative per la gestione forestale sostenibile, il calcolo del carbon sink. Questo progetto ha rappresentato per FIPER l’occasione di realizzare una campagna di sensibilizzazione sui risultati del progetto che coinvolgesse il largo pubblico, in particolare il target giovani e famiglie. A tal fine, si è realizzato un video divulgativo denominato “La scrivania di larice” in collaborazione con “Compagnia delle Foreste” e la scuola di teatro “Teatro Pedonale”.

FIPER ha partecipato attivamente ai tavoli istituzionali, sia regionali che nazionali, aperti sulla filiera forestale, sulla promozione delle fonti rinnovabili, sul teleriscaldamento efficiente e l’economia circolare, cercando sempre un approccio costruttivo e collaborativo con i ministeri, regioni e province e le diverse agenzie, per promuovere un modello di sviluppo locale green nelle aree montane e interne. Continuerà anche nel nuovo anno a presenziare a tutti i tavoli aperti, compresa la presenza, nella persona di Vanessa Gallo, all’interno del board di Bioenergy Europe, che ci permette di tenere un’interlocuzione sempre aperta e costante sul piano europeo e internazionale nel settore delle bioenergie.

A livello Europeo, la partita relativa al corretto riconoscimento della biomassa legnosa primaria all’interno della RED3 è stata vinta, ottenendo che la responsabilità dell’applicazione della norma europea in materia forestale sia demandata agli stati membri, sulla base delle loro specificità e dei relativi piani forestali nazionali. Con la RED III è stato dato il via libera al nuovo traguardo sulle rinnovabili che dovranno raggiungere il 45% dei consumi finali di energia al 2030, contro l’attuale traguardo del 32%.

Tra le novità dell’ultima parte del 2023, è da segnalare la partecipazione di FIPER al Cluster legno del MASAF, il cui lavoro è già iniziato sulla gestione e manutenzione della foresta urbana. Dopo aver contribuito, con altri stakeholder alla stesura del position paper su “Gestione forestale e sostenibilità degli usi energetici delle biomasse forestali”, ci si concentrerà sul sostegno alla filiera legno e alla diversificazione degli impieghi, alla migliore valorizzazione della risorsa legno e una più capillare e approfondita gestione forestale sostenibile nei territori montani italiani, prendendo a modello i diversi esempi virtuosi, filiere corte e locali e sistemi di conversione energetica altamente tecnologici e non inquinanti, in cui le filiere per il legname da opera si integrano perfettamente con quelle energetiche. “Fare sistema insieme!”, la sfida del cluster portavoce delle associazioni di categorie, enti di ricerca, istituzioni che si occupano dell’economia del legno e della promozione del made in Italy ad essa correlata.

In questo scenario, affinché gli interventi per raggiungere gli obiettivi di incremento dell’energia da fonti rinnovabili siano efficaci, è indispensabile basarsi su una strategia complessiva di decarbonizzazione dell’economia e in questa direzione, solo una maggiore integrazione fra la politica energetica nazionale  e quella forestale, del clima e dell’ambiente e della bioeconomia circolare, consentirà al Paese di assolvere ai propri impegni, fornendo al contempo nuove opportunità d’investimento e di sviluppo in particolare per le comunità locali, nelle aree periferiche.

FIPER sarà impegnata nel 2024 nel monitorare e fornire il proprio contributo nelle consultazioni relative al recepimento della Direttiva RED 3 e agli ultimi provvedimenti afferenti alla RED 2: l’introduzione delle garanzie d’origine per l’energia termica, la revisione dei target del PNIEC, la definizione dei prezzi minimi per l’energia, il FER 2, la promozione del teleriscaldamento efficiente tra gli strumenti di efficienza energetica.

Riguardo alle garanzie d’origine (GO) termiche, il MASE ha avviato la consultazione fino al 15 gennaio 2024 con l’obiettivo di incrementare anche in Italia la produzione e l’uso dell’energia termica rinnovabile. Una grande opportunità per il teleriscaldamento rinnovabile e in particolare a biomassa. Infatti, la RED III prevede che gli Stati Membri definiscano ulteriori specifici target sulla penetrazione delle FER nel riscaldamento. In particolare, nel settore del teleriscaldamento e teleraffrescamento, la RED III prevede un incremento indicativo della quota rinnovabile termica sino a un valore prossimo al 48% al 2030.

Per raggiungere questi target, è necessario un serio cambio di ritmo sulla promozione delle energie rinnovabili, sia in termini di normative nazionali, sia di incentivazione.

In questo senso, anche il bando ministeriale che ha rivisto, prima di fine anno, le graduatorie per assegnare i fondi del PNRR per l’installazione ex-novo, il rinnovo o l’ampliamento degli impianti di teleriscaldamento e teleraffrescamento rinnovabili, ha messo a disposizione solamente 200 milioni di euro, troppo poco per gli obiettivi che il nostro Paese ha bisogno di raggiungere entro il 2030. Anche su pressione di FIPER il Ministero ha riaperto le graduatorie, premiando alcuni progetti di nostri associati, ma l’impegno economico è ancora abbondantemente sottodimensionato, soprattutto se comparato con altri paesi come la Germania, che nello stesso periodo ha stanziato quasi 3 miliardi di euro. 

La versione del PNIEC trasmessa a Bruxelles nel luglio 2023 riduce ulteriormente il ruolo delle bioenergie nel settore termico. Come già evidenziato dalla Commissione Europea nel 2019, bisogna riconoscere – in un’ottica di neutralità tecnologica – un adeguato contributo da parte delle biomasse. Per centrare gli obiettivi europei serve un cambio di passo: la copertura dei consumi finali lordi di energia termica da FER è ancora “ferma” al 20%, ma l’obiettivo è raggiungere il 37% al 2030. Ciò significa che nei prossimi 7 anni dobbiamo raddoppiare la quota di FER termiche, ossia aumentare di 2,5% all’anno la quota di rinnovabili (a parità di consumi) puntando su PdC, Biometano e Biomasse.

Insomma, da ogni parte ci arrivano dunque forti segnali che il tempo per la transizione energetica a nostra disposizione è veramente pochissimo e serve quindi una vera accelerazione delle politiche di sostegno a tutte le energie rinnovabili biomasse comprese.

Sfalci e potature non sono rifiuti

La battaglia per far riconoscere sfalci e potature come sottoprodotti sta dando risultati e anche la giurisprudenza si sta arricchendo di spunti e riferimenti normativi a cui appellarsi. Ne abbiamo parlato con Rosa Bertuzzi, avvocata specializzata in diritto ambientale, che negli ultimi anni ha seguito proprio il caso dei sottoprodotti da sfalci e potature, per salvarli dal regime dei rifiuti.

1. Quali sono le specificità di un’avvocatessa specializzata in diritto ambientale?

L’avvocatessa specializzata in diritto ambientale è una professionista che ha una formazione giuridica specifica in materia ambientale, che include la conoscenza della normativa nazionale e internazionale in materia ambientale, nonché delle problematiche giuridiche e scientifiche legate alla tutela dell’ambiente.

L’avvocatessa in diritto ambientale cura anche il modello di organizzazione del D.l.vo 231/01, che è un sistema di regole e procedure che le aziende adottano per avere una perfetta gestione aziendale, in particolare quella ambientale.

Il modello 231 è molto utile per le aziende che operano nel settore ambientale, in quanto può aiutarle a ridurre il rischio di incorrere in reati ambientali, come l’inquinamento, lo smaltimento illecito di rifiuti e l’utilizzo di sostanze pericolose.

L’avvocatessa in diritto ambientale può fornire consulenza e assistenza alle aziende per la redazione e l’implementazione del modello 231. In particolare, può valutare i rischi di reato specifici del settore ambientale, progettare il modello 231 in modo da essere efficace nel prevenire e contrastare la commissione di reati, assistere l’azienda nell’implementazione del modello 231, formare i dipendenti dell’azienda sulle procedure del modello 231.

Oggi si affronta anche il discorso della Circular Economy, della sostenibilità ambientale, al fine di ridurre al massimo la produzione di rifiuto e di recuperare gli scarti di lavorazione, trattandoli some sottoprodotti, ovverosia trattandoli in altro ciclo di lavorazione, come materia prima.

2. Da tempo è impegnata nel dimostrare che il legno vergine risultante da sfalci e potature è materiale forestale escluso dal regime di trattamento rifiuti. Può spiegarci brevemente a che punto siamo in Italia?

In proposito è possibile consultare il mio articolo pubblicato sul sito AMBIENTEROSA.NET che tratta l’argomento.

In particolare le società che si occupano, tra l’altro, di valorizzazione di legno vergine, potature, gestione del verde, servizi forestali e vendita legno cippato e biomasse per uso energetico, possono trattare tale materiale come bene, e non come rifiuto, ai sensi dell’art. 185, comma 1, lett. f) del D.L.vo 152/2006.

A tal riguardo, lo studio di consulenza Ambienterosa srl in data 01/05/2023 poneva un primo quesito all’Unione Europea (in merito alla materia in oggetto) e un secondo quesito al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, ciò alla luce della sentenza n.4221 del 01.02.2023, Cass. pen. Sez. III, ove è stato chiarito quali siano gli ambiti in cui gli sfalci, le potature, non costituiscono rifiuto.

In risposta al secondo quesito, con nota del 3.08.2023, il MASE, nel confermare il contenuto della sentenza, e uniformandosi all’indirizzo fornito dall’Unione Europea, ha ribadito “Con riferimento alla richiesta avanzata da codesta società, relativamente all’ambito di applicazione della norma citata in oggetto si rappresenta che la Sentenza di Cassazione n. 4221 del 01/02/2023, citata nella suddetta nota, ha fornito l’interpretazione della norma in argomento, coerentemente con i principi generali ispirati alla protezione dell’ambiente e alla tutela della salute umana”.

Con ciò di fatto, il MASE, nel confermare il contenuto della sentenza n.4221 ha ribadito che la Corte, nel proprio giudicato, si è uniformata ai principi generali ispirati alla protezione dell’ambiente e alla tutela della salute umana chiudendo il cerchio delle incertezze interpretative sul tema di cui all’oggetto.

Pertanto, a oggi, conformemente all’art. 185, comma 1, lettera f), non costituiscono rifiutila paglia e altro materiale agricolo forestale naturale non pericoloso, quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, gli sfalci e le potature effettuati nell’ambito delle buone pratiche culturali riutilizzati in agricoltura, in silvicoltura o per la produzione di energia da biomassa, anche al di fuori del luogo di produzione o a mezzo di cessione a terzi, sempre che siano seguite delle procedure che non danneggiano l’ambiente o non mettano in pericolo la salute umana”.

Se le condizioni di cui sopra non ricorrono, il materiale deve essere classificato come rifiuto.

La sentenza della Corte di Cassazione n.4221/2023, che ribadisce il principio secondo cui gli sfalci e le potature non costituiscono rifiuto solo se riutilizzati in agricoltura, silvicoltura o per produzione energetica, è solo l’ultima di una serie di tre pronunce analoghe emesse dal 2020 a oggi.

In tutti gli altri casi, gli sfalci e le potature sono da considerarsi rifiuti e il loro trasporto è soggetto alla disciplina di questi ultimi.

Inoltre, il proponente del trattamento dei rifiuti deve sempre dimostrare, in modo sostanziale e certo, la sussistenza dei presupposti per l’applicazione del regime derogatorio di favore previsto dall’art. 185, comma 1, lett. f), del D.Lgs. n. 152/2006.

3. A livello europeo è in atto una forte spinta verso l’economia circolare, ovvero il riuso, il riciclo dei materiali per impiego in altri processi produttivi. Quali sono, a suo avviso, i principali elementi ostativi che sinora non hanno permesso di favorire l’impiego dei residui legnosi derivanti dalla gestione delle foreste urbane e/o dal materiale proveniente dagli effetti di eventi metereologici straordinari?

Uno dei principali ostacoli all’applicazione dei principi dell’economia circolare è rappresentato da una lettura della normativa che, troppo spesso, a livello europeo e nazionale, è più formale che sostanziale.

Ad esempio, la disciplina del sottoprodotto, che rappresenta uno strumento potentissimo per la prevenzione della formazione dei rifiuti, è spesso oggetto di interpretazioni difformi che ne ostacolano la corretta applicazione.

Infatti, il sottoprodotto è un residuo di produzione che, pur non essendo l’obiettivo primario del ciclo produttivo, può essere riutilizzato nello stesso o in un successivo processo dal produttore medesimo o da parte di terzi.

Tale disciplina è volta a favorire la reintegrazione nel ciclo produttivo di materiali e risorse, contribuendo così a ridurre il consumo di materie prime e la produzione di rifiuti.

Tuttavia, la corretta individuazione dei requisiti per la qualificazione di un residuo come sottoprodotto è spesso fonte di incertezze e controversie. Ciò è dovuto, da un lato, alla complessità della disciplina e dall’altro lato dalle difformità interpretative che rendono difficile per gli operatori economici individuare con certezza la corretta qualificazione del residuo.

Tali difficoltà ostacolano la piena applicazione della disciplina del sottoprodotto, che rappresenta uno strumento fondamentale per la realizzazione dell’economia circolare.

In merito a tale questione, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in una recente sentenza relativa al rapporto tra sottoprodotti ed end of waste, ha ribadito il principio secondo cui la tutela ambientale deve essere prioritariamente di natura sostanziale e non formale.

Un esempio lampante delle difficoltà interpretative in materia di sottoprodotti, per quanto concerne i materiali oggetto di esame, è rappresentato dal superamento della prima condizione dell’articolo 184-bis del D.Lgs. n. 152/2006, secondo cui il residuo deve provenire da un processo produttivo.

Negli anni, il Ministero dell’Ambiente ha espresso più volte il proprio parere favorevole all’applicazione del concetto di sottoprodotto agli sfalci e alle potature, ritenendo soddisfatto il requisito del processo che lo produce, in quanto inteso anche per i processi che producono servizi. In particolare, il Ministero ha affermato che il sottoprodotto può derivare da qualsiasi processo tale da “produrre” dei risultati, ossia trasformare i fattori produttivi in risultati e, pertanto, anche da attività che producono servizi.

Tale orientamento è stato espresso in numerose note e circolari ministeriali, tra cui la nota risposta Fiper min. amb. Prt. 6038 del 27/05/2015, la circolare M.A. 7619 del 30/05/2017, punto 6.2, la circolare 3983 del 15/03/2018 e la circolare 1657 del 14/05/2021.

Tuttavia, alcuni organi di controllo o giuristi hanno ritenuto che la lettura del concetto di produzione andasse letta in senso rigido e non applicabile quindi alle attività di servizio.

In risposta a un nuovo interpello richiesto da Confindustria, il MASE ha nuovamente ribadito quanto già espresso più volte, confermando che il sottoprodotto può derivare da qualsiasi processo tale da “produrre” dei risultati, quindi anche da attività che producono servizi.

Tale interpello, numero 187275 del 17/11/2023, rappresenta un importante chiarimento in materia e contribuisce a definire in modo univoco il campo di applicazione della disciplina dei sottoprodotti in particolare quelli prodotti all’esito di attività di manutenzione del verde.

È necessario che la normativa in materia di sottoprodotti sia interpretata in modo uniforme e coerente con i principi dell’economia circolare, al fine di favorire la reintegrazione nel ciclo produttivo dei materiali e delle risorse e di ridurre l’impatto ambientale.

In particolare, è opportuno che le autorità competenti forniscano un’interpretazione chiara e univoca della disciplina, al fine di evitare incertezze e controversie.

Infine è necessario promuovere la formazione e l’informazione degli operatori economici, al fine di consentire loro di comprendere correttamente i requisiti per la qualificazione di un residuo come sottoprodotto.

4. Anche a livello EU assistiamo a volte a decisioni schizofreniche; negli ultimi giorni alla ribalta le proposte di modifica del regolamento sugli imballaggi. Le scatole in legno del famoso camembert e delle ostriche potrebbero essere bandite in quanto packaging non riciclabile. Un possibile scenario vede la sostituzione dell’imballaggio in legno con quello in plastica riciclata. Non è assurdo, anche da un punto di vista ambientale?

Le decisioni dell’Unione europea non sempre soddisfano i principi di buon senso e di sostenibilità ambientale. Ciò è dovuto, in particolare, al fatto che tali decisioni sono spesso influenzate da interessi di parte, rappresentati da lobby che operano a livello europeo.

In tale contesto, è di fondamentale importanza che le istanze delle imprese del settore della manutenzione del verde siano adeguatamente rappresentate nei processi decisionali europei mediante la presentazione di osservazioni e la promozione di azioni legali.

Il tema delle biomasse è emblematico della difficoltà di conciliare gli interessi economici con quelli ambientali. In particolare, l’utilizzo delle biomasse per la produzione di energia mediante combustione è spesso considerato politicamente scorretto, in quanto si ritiene che possa contribuire alla deforestazione.

La realtà dei fatti è ben diversa. L’utilizzo delle biomasse può contribuire alla sostenibilità ambientale a condizione però che le biomasse siano prodotte da scarti di lavorazione o da foreste gestite in modo sostenibile. Tra l’altro occorre evidenziare che le biomasse contribuiscono a produrre oltre il 40% del totale delle energie rinnovabili prodotte in Italia.

In questo ambito è di fondamentale importanza che le imprese che operano nel settore delle biomasse siano adeguatamente rappresentate nei processi decisionali europei. Ciò consentirà di promuovere delle azioni che siano coerenti con gli interessi ambientali e con le esigenze di sviluppo economico.

5. Non è comune incontrare una donna avvocatessa ambientale. che consiglio si sentirebbe di dare a giovani studentesse interessate a specializzarsi sul diritto ambientale?

Oggi il diritto ambientale è molto sentito; consiglio ai giovani studenti, di ogni facoltà e scelta di studio, di affrontare sempre e comunque il problema che oggi è dirompente: l’ambiente e la sua sostenibilità e i principi europei rappresentati da concetti quali “Environment – Social – Governance”.

I giovani, la cui presenza a Ecomondo, la fiera internazionale dell’economia circolare, è stata particolarmente significativa nel 2023, sono sempre più interessati ai temi ambientali e sono disposti a impegnarsi per la salvaguardia del pianeta.

Le nuove generazioni stanno portando avanti molte iniziative ambientali, sia a livello individuale che collettivo e si impegnano per ridurre il consumo di energia e di risorse, per promuovere la mobilità sostenibile e per sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi ambientali.

Le generazioni precedenti hanno fortemente compromesso l’ambiente, lasciando ai giovani un pianeta in condizioni critiche i quali hanno un compito importante: quello di invertire la tendenza e di costruire un futuro più sostenibile.

Il complicato e affascinante mestiere di raccontare le foreste

Luigi Torreggiani è giornalista e dottore forestale. Collabora con la rivista “Sherwood – Foreste ed Alberi Oggi” e cura per Compagnia delle Foreste la comunicazione di progetti dedicati alla Gestione Forestale Sostenibile e alla conservazione della biodiversità forestale. Realizza e conduce podcast, video e documentari sui temi forestali. Ha pubblicato “Il mio bosco è di tutti”, un romanzo per ragazzi, e altre storie forestali illustrate per bambini.

1. Cos’è Compagnia delle Foreste e di cosa si occupa?
Compagnia delle Foreste è una società privata che si occupa di editoria, comunicazione e innovazione in campo forestale e ambientale. Da quasi trent’anni produce “Sherwood – Foreste ed Alberi Oggi”, la principale rivista italiana rivolta al settore forestale e ambientale e nel tempo ha seguito tutti gli aspetti di comunicazione di tantissimi progetti, curando la realizzazione di pubblicazioni, siti web, video, podcast, organizzando eventi e attività di partecipazione. Siamo anche casa editrice: pubblichiamo libri e manuali a tema forestale che poi distribuiamo attraverso la nostra libreria online Ecoalleco, che raccoglie volumi anche di altri editori. Le nostre caratteristiche principali sono la passione per le foreste e la gestione forestale sostenibile, la flessibilità, che ci permette di svolgere attività molto diverse tra loro, e la propensione all’innovazione e al pensiero critico, elementi fondamentali di crescita non solo personale, ma anche collettiva.

2. Quali sono i temi che a tuo avviso vanno raccontati di più e per quale motivo?
Credo che al giorno d’oggi la priorità non sia più soltanto quella di avvicinare le persone al tema ambientale, di far accrescere loro la sensibilità verso la tutela della nostra “casa comune”: per fortuna, in questo periodo storico, c’è grande attenzione su questi aspetti, soprattutto tra i giovani. Perciò credo che a fianco della necessaria sensibilizzazione sulla tutela dell’ambiente sia oggi fondamentale educare alla complessità del rapporto tra esseri umani e risorse naturali. Per la nostra vita su questo pianeta necessitiamo di servizi ecosistemici derivanti dalle foreste: legno, ma anche acqua, prodotti selvatici, spazio per il tempo libero, protezione idrogeologica e tanto altro ancora. Per generare questi servizi occorre gestire attivamente il patrimonio forestale, che oggi copre quasi il 40% del territorio nazionale. Quando dico gestire intendo prima di tutto pianificare in modo partecipato: con una buona pianificazione, il più possibile condivisa, si riescono a tenere assieme, sullo stesso territorio, funzioni produttive ed efficaci attività di conservazione della natura. Troppo spesso queste due facce della stessa medaglia sono state raccontate come separate, antitetiche, e ciò ha generato incomprensioni e aspri conflitti. Sono convinto che un equilibrio sia possibile… e che per raccontare questo equilibrio una buona comunicazione sia fondamentale!

3. Cosa significa salvaguardare le foreste in Italia oggi?
Ci sono vari livelli da analizzare. Dal punto di vista della superficie forestale il nostro Paese assiste ormai da un secolo ad una costante avanzata del bosco, che è praticamente raddoppiato rispetto alla fine dell’800. Questo è un dato estremamente positivo, che tuttavia non può essere esaminato singolarmente. Occorre anche osservare lo stato di conservazione e di salute di questa enorme superficie (11 milioni di ettari). Anche dal punto di vista della tutela ambientale i numeri sono molto positivi: il 35% circa delle foreste italiane ricade in Parchi nazionali, regionali o nella Rete Natura 2000 e le foreste italiane sono indubbiamente tra le più protette d’Europa. Dal punto di vista gestionale, invece, sussistono indubbiamente alcuni problemi: solo il 15-20% della superficie forestale è pianificata; la proprietà forestale, soprattutto in alcuni ambiti, è estremamente frammentata; molte superfici versano in stato di totale abbandono, generando situazioni ad alto rischio, ad esempio per quanto riguarda gli incendi. Inoltre, in molte aree del nostro Paese, soprattutto lungo l’Appennino, domina una gestione semplificata, che porta oggi alla sola produzione di assortimenti energetici (legna da ardere soprattutto) senza un auspicabile “approccio a cascata”. Questo non è un male a prescindere: l’energia è un bene primario e quella rinnovabile è fondamentale nel percorso di transizione ecologica; la produzione di legna da ardere e cippato rappresenta quindi un servizio fondamentale per molte famiglie che, in alternativa, utilizzerebbero per scaldarsi fonti fossili di energia, come il gasolio. La gestione a ceduo ha inoltre il pregio di essere semplice, alla portata di tutti, e di garantire rapidamente la rinnovazione del bosco, generando reddito costante a proprietari e imprese. Tuttavia, anche in queste aree sarebbe auspicabile, ove possibile, incrementare una gestione maggiormente diversificata e complessa, che veda i boschi cedui più intramezzati, rispetto ad ora, a fustaie e a forme di governo misto. Questo porterebbe benefici economici, grazie alla produzione di legname di maggior pregio e alla possibile attivazione di filiere locali del legno da opera, ma anche benefici paesaggistici e ambientali. Un altro punto critico è la suscettibilità di molti dei nostri boschi alle conseguenze della crisi climatica, che determina disturbi naturali sempre più intensi e frequenti. Anche su questo caso occorre lavorare da subito per portare le foreste a strutture più resilienti.

Per fare tutto ciò serve pianificare e poi gestire attivamente, occorre quindi far tornare le foreste al centro di politiche lungimiranti, che prevedano molto più di ora forme di incentivazione della pianificazione e della selvicoltura… anche in questo caso la comunicazione e l’informazione possono giocare un ruolo fondamentale.

4. Compagnia delle Foreste ha prodotto anche un podcast intitolato “Vaia”: cosa ha rappresentato quella tempesta per te e per le foreste italiane?
La tempesta Vaia ha indubbiamente determinato un prima e un dopo. Quell’evento così impattante dal punto di vista ambientale, economico e sociale, ci ha mostrato chiaramente due cose: che la crisi climatica esiste e che le nostre foreste, in molti casi, sono ancora troppo semplificate e quindi poco resilienti ad eventi di questo genere. Ha inoltre mostrato, sotto gli occhi di tutti, alcune problematiche strutturali del nostro settore, come ad esempio la mancanza di un numero adeguato di segherie e di filiere locali del legno. Oggi l’infestazione di bostrico (un coleottero scolitide), conseguente alla tempesta ma anche ad annate sempre più calde e secche, sta mandando in crisi la specie forestale più importante delle Alpi, l’abete rosso. Tutto questo deve spingerci, mi ripeto, ad investire molto più che in passato sulle foreste e sulla loro gestione attiva, sulle imprese della filiera e sui proprietari di boschi: solo così potremo iniziare davvero un cammino collettivo verso il grande, meraviglioso macro-obiettivo della Strategia Forestale Nazionale: “Portare il Paese ad avere foreste estese e resilienti, ricche di biodiversità, capaci di contribuire alle azioni di mitigazione e adattamento alla crisi climatica, offrendo benefici ecologici, sociali ed economici per le comunità rurali e montane, per i cittadini di oggi e per le prossime generazioni”. La tempesta Vaia prima e oggi il bostrico ci obbligano a procedere rapidi verso questa direzione: la politica dovrebbe capirlo e agire di conseguenza.

Per quanto riguarda nello specifico la comunicazione devo dire che Vaia è stata una vera e propria occasione: da quell’evento in poi sempre più persone si sono interessate alle foreste, che sono improvvisamente tornate sotto i riflettori, anche se purtroppo per un evento negativo. Narrare la tempesta, le sue cause e le conseguenze del suo passaggio, ma soprattutto le sue “lezioni”, ci è sembrato il modo migliore per cogliere questa occasione e dare il nostro contributo per incamminarci verso il futuro con una nuova consapevolezza.

5. Voi producete anche molti video. Tu in particolare hai curato la realizzazione del video “La scrivania di larice”, all’interno del progetto USEFOL, girato con dei giovanissimi attori di una scuola di teatro. Che esperienza è stata?
È stata un’esperienza fantastica, perché, per la prima volta, abbiamo lavorato insieme a ragazze e ragazzi giovanissimi, che sono stati attori di un video, è vero, ma in fondo anche protagonisti di un piccolo-grande percorso formativo che spero li abbia incuriositi e arricchiti. Abbiamo immaginato una storia semplice, ma crediamo efficace, per raccontare quel “mondo nascosto” che sta dietro ogni oggetto di legno. Questa materia prima rinnovabile così importante per la transizione ecologica è ovunque attorno a noi, accompagna da sempre le nostre vite e lo dovrà fare sempre più in futuro, eppure non ci chiediamo mai da dove arriva; se il bosco d’origine è stato gestito bene, come avviene nella maggior parte dei casi in Italia, o se invece è stato cancellato, come purtroppo accade in altre aree del mondo. Porsi questa domanda significa entrare consapevolmente nella complessità del rapporto tra esseri umani e risorse naturali, che in fondo è il grande obiettivo della comunicazione di Compagnia delle Foreste verso il grande pubblico. Spero che questo video, che è liberamente disponibile su Youtube, venga utilizzato nelle scuole, come viatico per discutere, insieme a studentesse e studenti, di gestione forestale sostenibile. Un piccolo “assaggio” che può aprire le porte a percorsi importanti, oggi ancora troppo poco affrontati, per la formazione di ragazze e ragazzi.

6. Quale strumento comunicativo è il migliore oggi per arrivare ai giovani?
Questa è una domanda da un milione di dollari! È difficile rispondere perché i giovani oggi (ma in realtà tutti noi!) sono totalmente immersi nella comunicazione, da quando si svegliano a quando chiudono gli occhi per dormire. È una comunicazione molto variegata, estremamente diversa dal passato, che mischia strumenti, tecniche e stili. Per farvi un esempio, in un reel di Instagram c’è testo, ci sono inserti video ed elementi grafici, c’è musica, ci sono fotografie e link, il tutto condensato in una manciata di secondi e incastrato tra migliaia di altri contenuti che un algoritmo sceglie se farti o non farti vedere in base ai tuoi gusti e preferenze.

L’elemento cruciale rimane però sempre il solito: la curiosità. La chiave di volta è stimolarla attraverso contenuti semplici e accattivanti, ma non banali o forzatamente “piacioni”. Credo infatti che ragazze e ragazzi (a differenza di quanto noi adulti spesso pensiamo), nella maggior parte dei casi sappiano distinguere e siano attratti da chi tratta determinati temi di loro interesse con onestà intellettuale, senza eludere la complessità. Certi contenuti magari acchiappano meno like in generale, ma colpiscono persone veramente interessate agli argomenti, le quali saranno a loro volta invogliate a diffonderli e ad approfondirli.

Per quanto riguarda la comunicazione forestale il cammino è ancora lungo e in salita, il nostro settore non è molto propenso a narrarsi bene, anche se le cose stanno rapidamente cambiando grazie al ricambio generazionale. Sempre più spesso osservo con felicità la nascita di nuove pagine e profili sui social che trattano in modo accurato di foreste, alberi, ambiente e clima. E sempre più spesso a noi di Compagnia delle Foreste arrivano richieste di accompagnare, attraverso attività di comunicazione, progetti e attività, anche molto tecniche, che prima non contemplavano questa necessità. Sono segnali positivi che mi fanno essere ottimista. Forse stiamo iniziando davvero a capire che le foreste, oggi, interessano potenzialmente a tutti e che noi che vi lavoriamo siamo “osservati speciali” da parte di tantissime persone. Non dobbiamo più “chiuderci a riccio”, arroccarci al nostro essere esperti, ma aprirci alle nuove sensibilità e alle legittime domande della società, raccontando in ogni forma possibile che il nostro lavoro è fondamentale per l’equilibrio tra economia, ecologia e società: i tre pilastri del concetto di sostenibilità su cui si deve basare il futuro. Per poter fare questo con onestà, ovviamente, dobbiamo anche continuamente metterci in discussione, ascoltando cosa ci dice la scienza e abbracciando l’innovazione. Questo rinnovato atteggiamento di apertura, a mio parere, sarà un ingrediente chiave della futura comunicazione del nostro settore.